La riflessione

Sarà ossessione del possesso? Non chiamatelo amore, quello vero non calpesta

Enrica Simonetti

Giulia Cecchettin, Giulia Tramontano: le vittime recenti hanno lo stesso nome e il destino comune di aver terminato la loro esistenza sotto i colpi di una persona che – a quanto pare – le avrebbe amate. Un fidanzato, un ex, che a 22 o a 50 anni diventa un assassino. Ma può trattarsi di amore?

Un cartello rosso con 105 nomi: è l'installazione nata per ricordare le vittime di femminicidio del 2023. Come per i caduti di guerra. Giulia Cecchettin, Giulia Tramontano: le vittime recenti hanno lo stesso nome e il destino comune di aver terminato la loro esistenza sotto i colpi di una persona che – a quanto pare – le avrebbe amate. Un fidanzato, un ex, che a 22 o a 50 anni diventa un assassino. Ma può trattarsi di amore?

Pur con il cuore affranto dal dolore, il padre di Giulia Cecchettin – tra l'altro rimasto vedovo da un anno – ha trovato la forza di scrivere su Facebook la migliore risposta a questa domanda: «L'amore vero non umilia, non delude non calpesta, non tradisce e non ferisce il cuore. L’amore vero non urla, non picchia, non uccide». Una citazione, come si usa sui social, ma anche una risposta secca a quanti si sono dilungati in queste ore con inutili commenti. Il solito profluvio di parole che tra qualche giorno sarà dimenticato, appena passata l'ennesima Giornata contro la violenza alle donne, il prossimo 25 novembre, giorno in cui voci, bandiere e scarpette rosse ci faranno sentire tutt'uno con la voglia di combattere contro un nemico. Già, quale? Quando non si conosce il nemico, è come far finta di combattere.

Così si continua a fare da anni. Dopo un femminicidio, il copione prevede sempre un ministro che faccia un annuncio importante, un/una premier che realizzi l'inasprimento di condanne giudiziarie (spesso già esistenti) e infine l'oblìo. Fino al nuovo brutale assassinio, spesso preceduto da una denuncia di stalking mai ascoltata. A noi giornalisti, che ripetiamo pagine e titoli, amaramente tocca constatare che spesso cambiano solo i nomi, ma le storie si somigliano. Anche la «buona famiglia», che è il tranquillante dietro il quale si nascondono disagi terribili, come in questo caso di Filippo, un laureando 22enne che si trasforma da «bravo ragazzo» in killer. Non era solo una manìa di precisione la sua: accompagnare Giulia a fare shopping a Padova, non crederla capace di fare tutto da sola. Non tollerare che si laureasse prima. Non accettare che avesse voluto lasciarlo. Non si parli di gelosia. Chissà quale sarà stato il delirio di possesso, il vizio dell'avere tutto, il crollo davanti alla sconfitta, all'aver perso un oggetto del suo... «amore»? Si resta allibiti davanti a questa storia, in cui Giulia - volto da bambina - viene colpita con 20 coltellate e lanciata da un dirupo di 50 metri. Ripetere la dinamica del delitto serve, non è gusto per i particolari sanguinosi ai quali ormai la cronaca ci abitua.

Tra le tante reazioni che si stanno muovendo su ogni fronte, ci sono quelle di coloro che invocano il ritorno all'educazione sessuale o sentimentale nelle scuole. Sarebbe ora! Anche se questa lecita proposta sembra avere un colore politico, visto che da destra qualcuno l'ha rifiutata. Viviamo in un mondo assurdo: pensate che a Milano c'è chi ha avuto l'idea di inventarsi un lavoro, quello del «body-guard» per l'ultimo appuntamento, quell'incontro chiarificatore con l’ex che spesso fa cadere le donne nelle trappole assassine. Un'agenzia di investigazioni garantisce sicurezza e pedinamento-intervento (sì, proprio così!). Ma Giulia e Filippo poche ore prima del delitto erano a mangiare un hamburger insieme... Forse parlare, scoprire il disastro mentale ed esistenziale di un rapporto tra i sessi ridotto a possesso sarebbe più utile. Forse smantellare il vecchissimo tabù dello psicologo è utilissimo. Bene ha fatto il rettore dell'Università di Bari Stefano Bronzini a diffondere quel bonus di assistenza agli universitari dal quale potrebbe nascere una diversa apertura verso se stessi da parte di giovani in crisi.

Stiamo purtroppo raccogliendo i frutti di un’insensibilità familiare, scolastica, istituzionale che dura da tempo. I silenzi e le ossessioni da performance che il mondo social esige stanno trasformando l’adolescenza. Con i ragazzini che imparano il porno prima ancora di immaginare una carezza. Prima ancora di provare la bellezza dell'amore che non calpesta.

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