L'analisi

Idee chiare e ragionevoli, l’economia sostenibile sia davvero... sostenibile

Gaetano Quagliariello

Futuro verde: la spinta ecologista non si risolva in un aumento di burocrazia e costi

Sono reduce da «Futura Expo»: spazio espositivo organizzato a Brescia per il secondo anno consecutivo, dove le aziende di tutta Italia raccontano, attraverso le più diverse modalità di espressione, le loro esperienze, i loro progetti e persino i loro sogni nell’ambito della cosiddetta «economia sostenibile».

La risposta del pubblico è stata impressionante: la mostra in tre giorni è stata visitata da oltre 30mila cittadini e tra questi 14mila giovani. Sono indizi di una sensibilità diffusa verso le tematiche dell’ambiente e del futuro sostenibile. A quanto pare, il bivio di fronte al quale il mondo si trova è stato introiettato della cultura condivisa del Paese: considerare l’ambiente come una risorsa da trattare con prudenza e discernimento o prepararsi, assai presto, a pagare un conto molto molto caro. Tra i più giovani, inoltre, si sta facendo strada la consapevolezza che sulla loro generazione potrebbero scaricarsi i costi dei guasti e dei dissesti provocati dai loro genitori. Da qui la richiesta alle generazioni adulte di lasciare il mondo almeno nelle stesse condizioni in cui esse lo hanno ricevuto. Si tratta, invero, di una richiesta sensata, che ha una valenza non solo morale ma anche economica.

Il cittadino, dunque, certamente non è insensibile verso l’obiettivo di fondo, fatto proprio dall’economia sostenibile. Non si limita ad affollare gli stand di una mostra. S’informa su cosa propone il mercato. Si appassiona per ciò che si può realizzare grazie al progresso tecnico-scientifico. Applaude alle best practices messe in atto da start-up, assai spesso sorrette dalla gioventù e dall’inventiva. E, nelle sue scelte di consumatore, predilige i prodotti a basso impatto ambientale, anche nel caso questi costino un po’ di più.

Queste radicate sensazioni configgono, però, con quel che sta accadendo in campo politico. Se, infatti, si analizzano gli andamenti delle campagne elettorali che si sono succedete negli ultimi tempi in Europa - solo pochi giorni fa si è chiusa quella in Baviera - è facile registrare una crescente idiosincrasia di un settore consistente di elettori verso le politiche ambientaliste spinte e, ancor più, verso gli obiettivi posti in questo campo dalle organizzazioni internazionali e dalle istituzioni sovranazionali.
L’opposizione alla sostenibilità ambientale sta diventando il principale cavallo di battaglia delle forze più estreme, occupando lo spazio che fino a poco fa era pertinenza della polemica sull’immigrazione e della difesa della sovranità nazionale. Quel che, però, spaventa maggiormente è che il processo in atto non si limiti a una semplice polarizzazione tra i sostenitori dell’ambiente e i suoi detrattori. Il rischio è che si possa verificare una vera e propria scissione tra i comportamenti del consumatore e quelli dell’elettore: mentre il primo, quando entra in un negozio mette nel suo carrello soprattutto prodotti «sostenibili», il secondo all’interno della cabina elettorale esprime la sua protesta verso le politiche della sostenibilità. Il fatto che questi comportamenti possono essere addebitati a una medesima persona, rende la dinamica in atto un vero e proprio paradosso.

Affinché esso non si affermi, è necessario chiamare in causa le politiche pubbliche. Se si vuole che la sensibilità nei confronti dell’ambiente non si rinchiuda nel ghetto della coscienza di ognuno, è necessario che da ora in poi gli obiettivi posti dai governi europei siano ragionevoli, palesemente convenienti e soprattutto semplici. È necessario spiegare che ciò che si chiede può essere effettivamente raggiunto. È necessario che siano previsti incentivi - soprattutto per le imprese - perché, se l’ambiente è un bene pubblico che tutti siamo chiamati a difendere, non è possibile che chi inquina e chi modifica i propri processi produttivi per non inquinare, vengano posti sullo stesso piano. È necessario che chi voglia porre in atto scelte virtuose lo possa fare senza sopportare ulteriori aggravi burocratici e complicazioni della vita. È insomma necessario che le politiche pubbliche in tema d’ambiente risultino semplici e comprensibili come lo sono gli obiettivi che esse perseguono. Perché, in caso contrario, esse assai presto diverranno concime per la crescita di nuovi estremismi e l’insorgenza di altri populismi.

Privacy Policy Cookie Policy