L'analisi
La conoscenza? Ora sfida «l’impossibile» parola di Nobel
Premiare l’impossibile, l’incalcolabile, l’invisibile, l’indicibile, l’inaccettabile
Premiare l’impossibile, l’incalcolabile, l’invisibile, l’indicibile, l’inaccettabile. Con l’annuncio di quello per l’Economia, lo scorso lunedì 9 Ottobre, si è conclusa la cerimonia delle assegnazioni dei premi Nobel per il 2023: l’appuntamento, come da tradizione interrotta solo nel 2020, per la pandemia da Sars-CoV-2, è per il 10 Dicembre alla Konserhuset di Stoccolma, con tutti i vincitori che riceveranno il premio dalle mani del Re di Svezia, Carlo Gustavo XVI.
Nello scorrere l’elenco e le motivazioni che hanno accompagnato gli annunci, colpisce l’emergere di una trama comune, quasi un’indicazione di metodo che possa aver guidato le scelte, sia pur, immaginiamo, nella assoluta inconsapevolezza di chi le opera. Cominciando dal primo, proclamato lunedì 2 Ottobre, a Katalin Kariko e Drew Weissman, per le scoperte che hanno permesso lo sviluppo dei vaccini a mRNA, efficaci contro il Covid-19. Che fosse pensabile avere un vaccino così efficace e sicuro (come nel frattempo è stato ampiamente dimostrato dalle 13,5 miliardi di dosi somministrate finora in tutto il mondo) a soli undici mesi dall’emergenza dichiarata, era un’eventualità che nemmeno il più ottimista degli scienziati poteva immaginare. Era, infatti, impossibile. Ma Katalin Kariko, a quei protocolli di ricerca lavorava con Weissman almeno dal 1990, e ciò che per altri era impensabile, per lei era conseguente le sue assolute convinzioni. Non condivise dalla maggioranza dei colleghi, appunto, se è vero che dieci anni fa era stata cacciata e costretta al ritiro dall’Università della Pennsylvania , trovando riparo in Germania, presso un’azienda allora sconosciuta e il cui nome oggi, invece, è sulla bocca di tutti: la BioNTech, di cui è meritoriamente vicepresidente senior. L’unica a puntare su un riconoscimento da Stoccolma è stata sempre la madre, alla quale Kariko rispondeva, «Mamma, sai che non vincerò, non ricevo mai neppure una borsa di studio!». E invece aveva ragione la mamma. Capita.
I premiati per la Fisica, Anne L’Huillier, Pierre Agostini e Ferenc Krausz (ungherese come la Kariko) hanno studiato il comportamento degli elettroni, in interazione con un sistema laser, sulla scala temporale degli «attosecondi». Un attosecondo equivale a un miliardesimo di miliardesimo di secondo: inconcepibile, incalcolabile. Per dare un’idea, che ne misura ancor di più l’impensabilità temporale su scala umana, ci sono più attosecondi in un secondo di quanti secondi sono passati dal Big Bang, circa 13,7 miliardi di anni fa, ad oggi. Se vi vengono le vertigini, in qualche decina di miliardi di miliardi di secondo, dovrebbero passarvi. Per la chimica, il Nobel a Moungi Bawendi, Louis Brus e Alexei Ekimov, premia gli studi sui quantum dots, nanoparticelle così piccole che le loro dimensioni determinano le rispettive proprietà. Quant’è piccola una nanoparticella? 10 alla -9, un miliardesimo di metro o, se preferite, un millimetro diviso un milione di volte. Parliamo dell’invisibile. E d’ora in poi, ben inteso, sarà problematico liquidare con sufficienza chicchessia, rinfacciandogli «…ma stai a guardare il capello!»: osservazioni da giganti. La motivazione del Nobel per la Letteratura al norvegese Jon Fosse, recita «per le sue opere innovative e la prosa che danno voce all’indicibile»: e sul tema dell’indicibilità si sono trovati d’accordo la quasi totalità dei commentatori al premio.
Impossibile, incalcolabile, invisibile, indicibile. E non è forse inaccettabile quel che succede ancora in Iran? Il premio all’attivista dei diritti delle donne, Narges Mohammadi, lo grida con forza, così che quel clamore indignato possa superare le mura del carcere dove è rinchiusa. E se l’affermazione è certamente più pacata, il Nobel per l’Economia assegnato a Claudia Goldin, per i suoi lavori sulla necessaria parità di diritti fra uomini e donne nel mondo del lavoro, indica quella che ancora è una difficilissima possibilità, così come, solo nel 1989, lo era l’eventualità che una donna fosse nominata professore di Economia a pieno di titolo presso l’Università di Harvard: la prima, non a caso, è stata proprio Claudia Goldin.
Da Stoccolma sembra arrivare un messaggio. Ciò che era pensabile, possibile, raccontabile, visibile, calcolabile, lo abbiamo già fatto ed è stato già detto: homo sapiens ci ha messo qualche decina di migliaia di anni, ma i risultati sono agli atti. Rimane tutto il resto, che è tantissimo e, probabilmente, difficilissimo da scoprire, capire, utilizzare e anche semplicemente da dire. Avremo bisogno di donne e uomini straordinari, probabilmente dovremo trovare parole nuove per mondi e discorsi che oggi non sappiamo nemmeno concepire.
Fatti non foste a viver come bruti, ma per seguir virtute e canoscenza. Teniamo a mente che è il nostro canto, che è la nostra commedia.