La tragedia

Quell’appuntamento con il destino dietro la strage di Mestre

Enzo Verrengia

Per una pizza si manca all’appuntamento con la morte? È successo alla famiglia di Ferhat, trentenne turco-tedesco che ha capitolato dinanzi al desiderio della moglie

Per una pizza si manca all’appuntamento con la morte? È successo alla famiglia di Ferhat, trentenne turco-tedesco che ha capitolato dinanzi al desiderio della moglie. Quest’ultima preferiva una pizza a una partita di calcio sul maxischermo del camping. Così Ferhat e signora, con la figlia perdono il bus fatale. Quello precipitato a Mestre, dove è uscito fuori strada «saltando» probabilmente un guard-rail mai completato. Altro che sicurezza, i 21 morti e i 15 feriti anche gravi, gridano vendetta.

E poi le storie, il destino. Miracolata anche la venticinquenne ucraina Mariia, che prendeva tutte le sere il mezzo a quell’ora, e per una volta no.

Jung definì sincronicità la combinazione di circostanze inspiegabile, strana, dal tempismo perfetto. Dopo di lui, la spiegarono i fisici quantistici, rifacendosi al calcolo delle probabilità. Il gatto di Schrödinger, racchiuso in un contenitore, può trovarvi la propria fine se si verifica un determinato evento subatomico.

Nella cronaca, che a volte diventa Storia, spiccano casi di persone dalla fortuna soprannaturale che trovano scampo da incidenti, catastrofi e altri pericoli imprevisti. Sara Rosenbaum, tredicenne sopravvisse dalla gassificazione di Auschwitz solo perché decise di stare ultima in fila tra un gruppo di coetanee condotte alla «doccia» dai soldati delle SS. Sospinta da un tedesco, occludeva la porta della camera dove sarebbe avvenuta la strage. L’uomo la tirò fuori e fu raccolta dalle prigioniere rom.

Il reverendo Stuart Holden, parroco di Liverpool, colpito da un malanno, non partì a bordo del Titanic. Aveva un biglietto di prenotazione in prima classe, che tenne sulla sua scrivania fino al giorno della morte, avvenuta per cause naturali, quale memento di una sorte fortuitamente scongiurata.

Jerzy Kosiński, lo scrittore polacco dal cui romanzo Oltre il giardino Hal Ashby trasse il capolavoro cinematografico del 1979 con Peter Sellers, affermò di aver evitato per via del suo bagaglio smarrito nell’aeroporto di New York di essere presente al party di Bel Air la notte in cui Charles Manson e i suoi assaltarono la villa di Roman Polansky e Sharon Tate, uccidendo l’attrice e altri ospiti.

In seguito fu smentito dal regista, padrone di casa e anche lui assente dal massacro. Fra gli invitati doveva esserci anche Sergio Leone, che declinò per la sua scarsa o nulla conoscenza dell’inglese. Non gli andava di vagare in una folla di ospiti che non capiva.

Numerosi, poi, i fatti davvero stupefacenti che caratterizzano quest’epoca di terrorismo di diffuso. Nell’attentato a Nizza del 14 luglio 2016 perì una ragazza a suo tempo risparmiata dalle bombe di Sharm el-Sheikh il 23 luglio 2005.

A questo punto viene in mente la saga per il grande schermo di Final Destination, il cui primo episodio fu diretto da James Wong nel 2000. Inizialmente doveva trattarsi di una puntata del popolare ciclo televisivo X Files, o almeno così era stata concepita la sceneggiatura iniziale di Jeffrey Reddick. Successivamente, i dirigenti della New Line Cinema decisero che si doveva svilupparla per le sale, e ne scaturì un successo. Qui non vi sono sopravvissuti, ma il meccanismo della sincronicità si snoda analogamente, seppure in senso opposto. Muoiono tutti. Solo che puntavano a scansare questa eventualità.

L’idea si basa sull’ennesima tragedia reale. Il 17 luglio 1996 il volo di linea 800 della Trans World Airlines decollava da New York diretto a Roma, con un unico scalo a Parigi. L’aereo, un Boeing 747-131, deflagrò all’improvviso e precipitò nell’Oceano Atlantico, dinanzi alla costa di East Moriches.

I 230 passeggeri e membri dell’equipaggio persero la vita. Sulle prime si ipotizzò un attacco terroristico e l’inchiesta venne affidata all’FBI. Tuttavia, dopo quattro anni di indagini accuratissime, l’NTSB (National Transportation Safety Board) giunse alla conclusione che la probabile causa dell’esplosione era l’ignizione dei vapori di carburante in un serbatoio, provocata da un corto circuito. Ovvio che questo foraggiasse le teorie del complotto. Né queste, però, né la sincronicità di Jung, né gli scampati né le vittime sfuggono al fatalismo del noto proverbio arabo: «Il destino ti aspetta sulle strade che percorri per evitarlo».

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