L'approfondimento
Il futuro della Nato e l’illusione della doppia circolazione
Dove va la Nato? Continua (e anzi sta intensificando) il suo ruolo di mediazione intercapitalistico, nel sistema di produzione e scambio delle armi?
Il valzer delle apparenze che, su queste pagine, abbiamo subito segnalato, in relazione alle azioni del capo della Wagner (grazie alle fonti sul campo), è terminato con le notizie ufficiali del New York Times e della «visita» di Prigozhin a Putin. Il vertice di Vilnius ha preso ufficialmente atto di questo, anche se a Washington le notizie erano chiare da tempo. La Nato si è affrettata a precisare che, al momento, non sono note quali saranno le azioni militari della Wagner, né quali i nuovi accordi con il Cremlino. Perché partiamo proprio da questo dato e non da quel che riguarda l’Ucraina? In queste ore è in atto un nuovo valzer della apparenze: quello di Erdogan, il quale ha accettato di sostenere l’adesione della Svezia all’alleanza militare.
Secondo alcuni, la notizia avrebbe destabilizzato Mosca, già (forse) delusa dalla Turchia per la liberazione dei soldati-prigionieri del battaglione Azov.
Credibile? Ben poco credibili entrambi gli affronti a Mosca, soprattutto perché Turchia e Russia (nemici-amici) perseguono linee politiche simili, con la comune radice del «bluff» e con uno spiccato gusto antioccidentale che Erdogan cela e Putin evidenzia.
Lo zar del Cremlino, ferito ma non troppo, conosce bene gli interessi che la Turchia ha da giocarsi: più soldi per tenere sul suo territorio i profughi siriani e una massiccia fornitura militare per continuare il massacro dei curdi. Per Nato ed UE questo accordo è «sopportabile», «lieve», sia per mitigare il tema dei migranti sia per ottenere il sostegno nei patti sul grano, in scadenza a luglio.
Nei piani… Mosca deve fingersi indignata con Erdogan, il quale – a sua volta – da membro della Nato, ha sempre avuto la libertà di non porre sanzioni ai russi.
L’Ucraina, al momento, ottiene dei risultati modesti, suddivisi in tre nodi fondamentali, focalizzati soprattutto sulla «difesa» e sulla «sicurezza» inclusi gli «ospedali militari». Il programma aiuterà anche Kiev a compiere il passaggio dagli equipaggiamenti di era sovietica a quelli più sofisticati, così come previsti dagli standard Nato. Sarà poi creato un Consiglio Nato-Ucraina, che si riunirà oggi per la prima volta, con la partecipazione di Zelensky.
Il terzo elemento è basato sulla procrastinazione dell’ingresso dell’Ucraina nella Nato (ingresso che tutti fingono di volere). Molti analisti, beffardamente, ricordano il summit di Bucarest del 2008, con la rassicurazione a Georgia e Ucraina di diventare membri Nato (senza, però, precisare né tempi né modi). Pare che Erdogan abbia ricordato a Putin, sorridendo, proprio quel 2008! Gli errori da evitare sono anche altri: cioè andare ad «abbaiare», ancora una volta, in zone non adeguate, come la regione indo-pacifica. Pensando al tema delicato di Taiwan, i timori, anche questa volta, non solo si fanno più realistici, ma consentono di poter criticare alcune scelte, anche se come scrisse - negli anni ’80 – il sociologo Battistelli (in un saggio Einaudi) – «In Italia e nell’Occidente in generale, non è mai facile esprimere un pensiero critico sulla Nato».
I pensieri in queste ore vanno, sempre sulla linea di Battistelli, al suo ruolo antitetico e polarizzato: mediazione e conflitto. Oggi, nella nuova folle corsa agli armamenti, di un mondo che si finge globalizzato, ma che in realtà ha sempre più paure, appare superata la frase del generale tedesco Steinhoff, il quale affermò: «Questo stato di cose ha fatto sì che la Nato sembri un museo delle armi».
Le armi c’erano e ci sono, ma non sembrano più, purtroppo, dei pezzi da museo. Dove va la Nato? Continua (e anzi sta intensificando) il suo ruolo di mediazione intercapitalistico, nel sistema di produzione e scambio delle armi? Il Ministro inglese della Difesa, negli anni ’70, auspicava a una «two ways street», cioè a una strada a doppio senso di circolazione tra il polo americano e quello europeo dell’Alleanza. Nel suo saggio sulla Nato, D. Smith interrogandosi sulle ragioni della pace e su quelle delle armi, riportò, ancora una volta, la frase di questo ministro inglese, il quale specificava come, nella cosiddetta «doppia via di circolazione», c’è un senso con pochissimi pedoni e un altro, in senso opposto, ma dieci volte più forte.