L'analisi

Consorzi di bonifica, spetta all’ente impositore la prova del «beneficio»

Giuseppe Durante

Sembra non avere fine l’annosa questione del «balzello» avente ad oggetto la richiesta di pagamento del contributo consortile da parte del Consorzio di Bonifica riferito non solo ai terreni agricoli, ma anche ai fabbricati

Sembra non avere fine l’annosa questione del «balzello» avente ad oggetto la richiesta di pagamento del contributo consortile da parte del Consorzio di Bonifica riferito non solo ai terreni agricoli, ma, anche ai fabbricati. Infatti, sono centinaia gli avvisi di pagamento di competenza 2022 e 2023 che nelle ultime settimane sono stati fatti recapitare ai consorziati alimentando un diffuso malcontento, soprattutto, tra i proprietari di fabbricati i quali ritengono di essere assolutamente estranei alla richiesta di pagamento avanzata dal Consorzio. Si tratta di una questione impositiva che rischia di alimentare ancora di più un contenzioso già esponenziale che ha investito le Corti di Giustizia tributaria territorialmente competenti.

Ma, vediamo di fare chiarezza sulla questione, anche in considerazione della novità ultime sopravvenute in ordine all’onere della prova sub iudice. I Consorzi di Bonifica sono enti pubblici economici aventi natura privatistica e responsabili della realizzazione e manutenzione di opere di bonifica idraulica, di reti di distribuzione irrigua, di risanamento igienico-ambientale, di miglioramento fondiario, di prevenzione del rischio idrogeologico e di sistemazione dei corsi. La disciplina generale in materia di contributi di bonifica è dettata dall’art. 860 c.c.,il quale stabilisce che «I proprietari dei beni situati entro il perimetro del comprensorio sono obbligati a contribuire nella spesa necessaria per l’esecuzione, la manutenzione e l’esercizio delle opere in ragione del beneficio che traggono dalla bonifica». Dunque, proprio allo scopo di conseguire fini igienici, democratici nonché economici è prevista la suddivisione di tutto il territorio nazionale in comprensori e la creazione di Consorzi tra i proprietari degli immobili situati entro il perimetro del relativo comprensorio di bonifica.

Nell’ambito del comprensorio di pertinenza, ciascun Consorzio ha l’obbligo di elaborare un Piano di classifica degli immobili, ossia, lo strumento che permette mediante l’utilizzo di parametri tecnici ed economici, di individuare e quantificare i benefici specifici che gli immobili, ricadenti nel perimetro di contribuenza del comprensorio, traggono dall’attività di bonifica. A questo, si aggiunge il Piano di riparto, ossia, lo strumento finalizzato ad assicurare la corretta ed equa ripartizione della contribuenza.

Ma quali sono i presupposti di fatto che legittimano il pagamento del contributo consortile da parte dei consorziati? Affinché il Consorzio sia legittimato a pretendere il contributo consortile non è sufficiente la sola inclusione dell’immobile nel comprensorio di bonifica, bensì è necessario, ai sensi dell’art. 860 c.c.e art. 10 R.D. n. 215/1933, che sussista un beneficio diretto e specifico riconducibile direttamente all’immobile. In altre parole, il contributo consortile, in quanto quota di partecipazione al costo di opere di bonificazione è dovuto nel caso in cui derivino al consorziato benefici specifici e diretti in misura proporzionale. Pertanto, le condizioni che devono necessariamente coesistere per legittimare il pagamento del contributo consortile sono: l’inclusione dell’immobile nel perimetro di contribuenza, la sussistenza di un vantaggio o di un beneficio concreto sull’immobile da cui deve scaturire un incremento di valore fondiario strettamente derivante dalla esecuzione delle opere di bonifica nonché dalla manutenzione dei canali. Ma, a chi spetta l’onere della prova in caso di contestazione della richiesta di pagamento? Fino all’entrata in vigore della L.n.130/2022 (16 settembre 2022) che ha modificato il processo tributario, il presupposto impositivo derivante dal vantaggio diretto ed immediato destinato in favore dell’immobile era da ritenersi «presunto» in ragione della sola approvazione del «piano di classifica» nonchè dell’inclusione dell’immobile nel «perimetro di contribuenza» concretizzando ciò una sorta di «presunzione di vantaggiosità» in favore del Consorzio di Bonifica, gravando, pertanto, sul contribuente l’onere della prova contraria circa la non configurabilità del beneficio. Ma, ecco la novità, lo scenario è radicalmente cambiato con l’entrata in vigore della Legge n.130/2022 ed in particolare, con l’introduzione del comma 5-bis, all’art. 7 D. lgs. n. 546/1992, il decreto che disciplina il processo tributario. Infatti, la normativa che attualmente regola onere della prova nel giudizio tributario esclude la cosiddetta «presunzione di vantaggiosità» in favore del Consorzio di Bonifica che non trova più applicazione.

In altre parole, l’onere della prova circa la configurabilità del beneficio diretto e specifico in favore dell’immobile tale da assicurare allo stesso un incremento di valore grava sempre e solo sul Consorzio di Bonifica prescindendo, tale adempimento, dalla esistenza o meno del «piano di classifica» nonché dell’insistenza dell’immobile nel «perimetro di contribuenza». Per cui, in caso di contenzioso sarà onere del Consorzio Bonifica fornire al giudice la prova tangibile circa la sussistenza dei presupposti che legittimano la richiesta di pagamento del contributo di bonifica. In mancanza, il giudice non potrà che disporre l’illegittimità della pretesa consortile.

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