La gestione irrigua dei quattro Consorzi di bonifica commissariati ha creato (anche) nel 2017 un buco pari a 4,3 milioni di euro. Soldi che, al momento, dovranno essere ripianati dalla fiscalità generale. È il dato che emerge alla vigilia della riunione del gruppo Pd, che oggi pomeriggio dovrà discutere della proposta di modifica alla legge di riforma dei Consorzi: una proposta, firmata da Donato Pentassuglia con la condivisione dell’assessore Leo Di Gioia, che mira a far saltare proprio il passaggio dell’irrigazione ad Acquedotto Pugliese.
Il tema, al pari delle liste d’attesa, sta creando divisioni forti nella maggioranza, al punto da indurre Emiliano a chiedere ampia condivisione prima di licenziare quella che appare come una vera e propria controriforma. Sono contrari ad esempio Fabiano Amati e Michele Mazzarano, ma anche alcuni esponenti delle liste civiche.
Il bilancio 2017 dei quattro Consorzi commissariati, che in base alla legge dell’anno scorso dovrebbero ora essere fusi, non è ancora stato predisposto. La legge, che partiva dai risultati di una Commissione di inchiesta del Consiglio regionale, disponeva però che a partire dal 1° dicembre la gestione irrigua sarebbe passata sotto la supervisione di Aqp se non si fosse raggiunto l’equilibrio di bilancio.
I dati pubblicati in questa pagina dimostrano che l’equilibrio non c’è, e che i costi (i Consorzi acquistano acqua dall’Ente irrigazione oppure la ottengono dai pozzi, che consumano energia elettrica) non vengono coperti dalle bollette pagate dagli agricoltori. È un fenomeno che si ripete da anni, e che è figlio di numerosi fattori: da un lato l’inadeguatezza delle tariffe (differenziate da zona a zona della Puglia), dall’altro da sistemi arcaici che in alcuni casi prevedono il pagamento per ettaro (in base al tipo di coltivazione) e senza tenere conto dell’effettiva quantità di acqua utilizzata.
I Consorzi continuano a produrre debiti, soprattutto perché non vengono pagati i contributi di bonifica (sospesi nel 2003 dalla giunta Fitto e poi azzerati da Vendola). Al momento i debiti ammontano a 164 milioni, 60 in meno rispetto all’avvio della riforma: 124 verso la Regione Puglia, 20 verso la Basilicata e 20 verso i fornitori (erano 80). Ma tutto questo in attesa dell’approvazione del bilancio di esercizio che produrrà un nuovo incremento. Per far fronte a questa situazione, la Regione ha dovuto trasferire ogni anno ai Consorzi fino a 30 milioni di euro (12 milioni nel 2018, 17 nel 2017): soldi che teoricamente andrebbero restituiti, proprio perché nel bilancio regionale ci sono 124 milioni di residui attivi (crediti). Non potranno rimanerci ancora per molto. E l’unico modo per farli rientrare è che gli agricolturi paghino gli arretrati almeno degli ultimi cinque anni.
Sul punto c’è forte apprensione. Le organizzazioni di settore, Coldiretti e Cia, premono infatti per l’approvazione della proposta Pentassuglia che mira a mantenere la gestione idrica in casa, istituendo anche comitati di gestione a controllo sindacale. Viceversa, il passaggio ad Aqp imporrebbe l’applicazione di criteri di organizzazione industriale che renderebbero molto più difficile mantenere l’attuale meccanismo. Fatto sta che buona parte del debito (fino a 7 milioni l’anno, è stato calcolato dalla Commissione di inchiesta) è dovuta proprio alla gestione dell’irrigazione. Ma gli agricoltori non ne vogliono sapere. «Per regolarizzare i debiti pregressi dei singoli Consorzi - è la posizione di Coldiretti - l’intervento finanziario della Regione appare indispensabile, atteso che infrastrutture e impianti non sono di proprietà dei Consorzi, e non possono in alcun modo ricadere sui consorziati che non hanno contribuito alla gestione negli ultimi 20 anni».