Dopo la morte di Berlusconi

Un verdetto attendibile sul futuro di Forza Italia non prima delle europee

Gaetano Quagliariello

Nessun alleato - e tanto meno il Premier - ha interesse nel breve periodo a indebolire oltre modo il partito che fu di Berlusconi

Ritenuto «persona informata dei fatti», in questi giorni sono inseguito da una domanda che mi è stata posta da addetti ai lavori, amici e semplici curiosi: «dopo la morte di Berlusconi, quale sarà la sorte di Forza Italia?». Chi si aspettava da me un parere definitivo sulla questione, inevitabilmente è rimasto deluso. Non ha considerato il fatto che persino in tempo di intelligenza artificiale la politica, grazie al cielo, continua a viaggiare sulle gambe degli uomini. Per questo, la risposta dipenderà in gran parte dai comportamenti che i differenti attori vorranno e sapranno mettere in campo. Quel che è possibile - e plausibile - fare, a questo stadio delle cose, è solo formulare alcune ipotesi fondate sull’esperienza e sulla razionalità del nostro sistema politico.

Si può innanzitutto ritenere che un verdetto attendibile non giungerà prima delle prossime elezioni europee del 2024. Nessun alleato - e tanto meno il Premier - ha interesse nel breve periodo a indebolire oltre modo il partito che fu di Berlusconi. D’altro canto, l’esperienza insegna che in circostanze come queste ad essere decisivo, assai più che il comportamento degli eletti, sono le scelte degli elettori. Le elezioni europee sono governate dal sistema proporzionale e, dunque, misureranno senza possibilità di smentita l’effettivo peso di ogni formazione politica. Per Forza Italia sarà quella la prova del nove. Se la supererà potrà sperare di avviare una nuova stagione d’autonomia e si porranno allora problemi inediti di organizzazione e rapporti interni, non semplici ma superabili grazie alla spinta del successo conseguito.

Nel caso dalle urne dovesse uscire un verdetto negativo, con ogni probabilità si profileranno all’orizzonte due ipotesi tra loro alternative. La prima è una trasformazione del partito del Premier affinché esso possa comprendere e inglobare anche l’area elettorale liberal-moderata. Fin qui Giorgia Meloni ha aperto le porte del suo partito a tanti esponenti provenienti da quei paraggi, chiarendo bene però l’intenzione di non modificare l’assetto originario di Fratelli d’Italia. A quanti - tra liberali, liberal-conservatori e moderati - hanno aderito al suo partito non è stata chiesta nessuna abiura ma la consapevolezza di star entrando a casa di altri. Tutto lascia pensare che questa linea non sarà smentita, non solo perché la formula ha fin qui ben funzionato ma anche per non lasciare troppo spazio politico a destra che, nel caso, potrebbe ingolosire la Lega di Matteo Salvini.

Chi anche potrebbe (e dovrebbe) sentirsi chiamato in causa da un eventuale declino di Forza Italia è il centrismo «d’ogni razza e colore». Non c’è dubbio, infatti, che la parte più consistente dell’elettorato berlusconiano abbia avuto storicamente una connotazione moderata. Ed è altrettanto indubbio che il territorio politico che Forza Italia lascerebbe sguarnito si colloca verso il centro del sistema. Affinché l’ipotesi di una nuova forza centrista possa competere in una corsa alla successione, sono però necessarie due premesse che a tutt’oggi mancano. La prima è proporre una forma-partito credibile, che superi lo spezzatino che oggi caratterizza quell’area; l’altra è dimostrare di volersi veramente mettere in gioco: finirla di considerarsi equidistante dai due poli per iniziare a far politica al fine di spostare l’asse del sistema verso il centro.

C’è, infine, un’ipotesi residuale: che nulla di tutto ciò accada e, più semplicemente, l’area moderata tramonti consolidando l’odierna polarizzazzione del sistema. Io non ci credo. È certamente vero che l’icona di Berlusconi ha avuto una capacità evocativa in grado di trascendere la forza del suo partito, negli ultimi tempi assai limitata. E che, per questo, la sua assenza non si sconterà in primo luogo nell’ambito dei rapporti di forza tra le formazioni politiche. È anche vero, però, che la presenza del Cavaliere ha a lungo monopolizzato lo spazio moderato, impedendo che lì potesse nascere qualcosa di nuovo. Quel territorio oggi è tornato ad essere disponibile e in politica esiste una «legge ferrea» fin qui mai smentita: quando si crea un vuoto, prima o poi si riempie. Per comprendere chi riuscirà nell’impresa, è necessario solo saper aspettare.

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