L'opinione
Quella violenza normale e senza volto che agisce in maniera subdola con conseguenze devastanti e irreparabili
C’è una brutalità naturale, inconscia, involontaria e volontaria, evitabile e inevitabile, biologica
I recenti episodi di criminalità urbana, di diverso genere e gravità (spaccate di vetrine, furti, risse, atti di bullismo e omofobia, ecc.) ci inducono a evidenziare che oggi, più che in passato, la nostra esistenza è pervasa dalla violenza in tutte le sue manifestazioni. Da diverso tempo, ormai, ci chiediamo del perché l’aggressività è presente in tutte le sue espressioni e del motivo di tanta inumanità. Cosa si prova a creare violenza, da che cosa è generata? Sono interrogativi che spontaneamente e automaticamente occupano la nostra mente non appena sentiamo alla televisione o leggiamo sui giornali di azioni sanguinose compiute da persone spietate e disturbate su persone indifese o ignare in tutti gli ambiti possibili: da quello familiare, a quello sociale, da quello politico a quello religioso, etnico e culturale. Si tratta generalmente di “violenza gratuita”, che non ha alcuna motivazione apparente oppure che esplode “liberatoria”, per dar sfogo a conflitti personali irrisolti o per condannare fatti che sono fuori da un certo contesto sociale o da determinate norme e regole dominanti.
C’è una brutalità naturale, inconscia, involontaria e volontaria, evitabile e inevitabile, biologica, ecc. La prepotenza è dappertutto, è l’aspirazione moderna più sentita e praticabile; sembra che non si possa fare od ottenere nulla se non si è un po’ aggressivi. Si è violenti senza accorgercene, per riflesso, per reazione, o perché ci si è adeguati a un modo di fare “imperante”. Può essere presente in maniera evidente oppure è sotterranea, si presenta spesso “travestita”: è talmente diffusa da essere diventata parte essenziale della nostra vita. Oggi è distruttiva rispetto al passato originariamente intesa come sopravvivenza della specie. La violenza nel nostro tempo è sempre più frammentata e distribuita localmente per una nuova e naturale geopolitica creatasi nel mondo. Oggi si parla molto di violenza: sembra un nuovo linguaggio comportamentale che non ha confini né spaziali né temporali. Se ne discute perché 2 spesso è visibile, tangibile quasi, altre volte, invece, è nascosta al punto da essere presente in modo apparente e in forma altrettanto grave. Nei grandi numeri la violenza è presente nel mondo nei conflitti tra Occidente ed Oriente, tra blocchi di Stati ricchi e più poveri, tra vaste culture tutte storicamente diverse tra loro (si pensi al confronto tra cristianesimo ed islamismo); più in piccolo, si diffonde e alligna sempre più per affermarsi o per mantenere ciò che si è conquistato faticosamente.
E’ inquietante nella sua drammaticità perché la troviamo dove non pensiamo di trovarla o è perpetrata da persone che mai avremmo pensato che l’attuassero. E’ una forma di virus, ormai, che ha infettato tutto il nostro sistema di ragionare e di comportarci, contro cui apparentemente può non esserci rimedio, cura. C’è una violenza individuale, collettiva, di gruppi di potere a danno di chi lo subisce, e c’è una violenza di giovani e di adulti, agitata e frammista di ingredienti politico- istituzionali o etico-sociali. Tutti ne sembriamo infettati, risentiamo un po’ tutti, chi più chi meno, dei suoi effetti e nessuno può sentirsi esente, non colpito. Agisce in maniera subdola e lenta, ha una latenza indefinibile, ma quando si sprigiona le sue conseguenze sono devastanti e irreparabili.