L'analisi
Democrazie in crisi? Sono i giovani il miglior vaccino
«In tutti i Paesi», scriveva Saint-Simon, «esiste una forza superiore a quella dei governi, ed è quella dell’opinione pubblica»
«In tutti i Paesi», scriveva Saint-Simon, «esiste una forza superiore a quella dei governi, ed è quella dell’opinione pubblica». Di quale salute gode oggi e possiamo ancora chiamarla «la regina del mondo»? In virtù della sua natura «regale», è lei che continua a vincere? O può anche marcire nelle segrete di una oscura prigione? Ha il volto della disperazione dei popoli oppressi? Dei paesi violentati dalle guerre come l’Ucraina? O il sorriso delle due scacchiste iraniane che hanno partecipato al Campionato mondiale in Kazakistan senza indossare l’hijab?
Alcuni sondaggi che giungono dal fronte della guerra russo-ucraina, con interviste a persone di età superiore ai 18 anni, esprimono la consistenza di una opinione pubblica, circa il 60% dei cittadini ucraini, che manifesta la sua contrarietà a eventuali negoziati di pace con la Russia, nemmeno se questi debbano servire a salvare vite umane. «La società ucraina, dopo tutti i crimini commessi dalla Russia», ha commentato a corredo di questi dati Petro Burkovskyi, direttore esecutivo della Fondazione Iniziative Democratiche, «non crede che la Russia sia in grado di stipulare accordi di pace solidi e duraturi». Allo stesso tempo, il 23% ritiene che per salvare vite umane sia necessario negoziare con la Russia. Il 17% ha dichiarato di non essere d’accordo con nessuna di queste affermazioni o di non avere un’opinione chiara sulla questione. Secondo il sondaggio, inoltre, il 93% degli intervistati crede nella vittoria dell’Ucraina e solo il 3% ne dubita. Tra coloro che credono nella vittoria di Kiev, il 39% ritiene che questa avverrà prima dell’estate prossima, il 22% pensa che avverrà tra uno o due anni e il 20% crede che possa essere raggiunta nei prossimi mesi.
Dagli anni Novanta in avanti il potere di persuasione di un convincimento e volontà popolari, formato attraverso i media e gli intellettuali, si è andato moltiplicando attraverso una serie di social media. Poi sono arrivati il Covid, la guerra e ancora i mille Iran che punteggiano il globo, che hanno inoculato la disillusione sulla diffusione alternativa e plurale delle idee e della democrazia. Sì, perché il rischio è che la regina, incontrastata un tempo, si sia impastoiata, abbia perso la capacità di persuasione e di sommovimento delle coscienze. Tante sono oggi le fonti e i soggetti che nell’agorà mondiale combattono per la supremazia delle verità, a cominciare da quella che nasce dal pensiero.
Vero è che regimi dittatoriali e democrature hanno continuato a vedere proprio nella informazione spontanea e allargata lo strumento più pericoloso di diffusione delle idee specie di libertà, tanto che le prime e dure misure che il potere costituito adotta sono proprio quelle tendenti a soffocare la costruzione di una opinione pubblica vigile e critica.
Ma si può parlare oggi di una purezza e integrità del processo che porta alla formazione di una opinione pubblica? Della vitalità che scuote le coscienze? Oppure è solo illusoria? Più che una stratificazione diffusa di idee preponderanti, il pluralismo delle voci e delle fonti mescola idee, racconti, concezioni in una melassa che genera confusione e semina disorientamento. Più che di una opinione pubblica dobbiamo oggi parlare di tante «camere dell’eco», secluse e circoscritte, entro le quali ciascuno si muove con l’illusione che ad ascoltarci ci sia più gente e interlocutori di quanti realmente vengono raggiunti dal nostro messaggio.
Eppure è anche vero che le novità maggiori, in questi ultimi anni, vengano proprio da fenomeni come l’emergenza sanitaria, la guerra e la violazione delle libertà e dei diritti umani. Si prendono a braccetto per stritolare l’opinione pubblica ma trovano sulla loro strada l’opposizione dei giovani, strenui difensori. Dall’Iran alla Russia, sono loro che, attraverso gesti simbolici, stanno tenendo alta la critica della società del potere per il potere, inoculando il vaccino del pensiero.
La vera guerra, il vero conflitto non si svolge solo nel teatro urbano, dove si va spegnendo la civiltà delle città faticosamente costruita nell’Occidente, ma nella germinazione delle idee e nella opposizione a una necrosi delle coscienze: indifferenza, cinismo, acquiescenza e subordinazione sono le armi di cui il potere costituito si serve per frenare la società del cambiamento. I giovani si armeranno del loro pensiero per un percorso che dalle distopie restituisca il sogno febbricitante delle utopie?