Il commento

Nessuna ripartenza senza prima sanare il divario Nord-Sud

Valentina Petrini

È una distanza patologica, colpevolmente alimentata da politiche economiche nazionali inique che il Mezzogiorno ha subito (anche per colpa di una classe dirigente locale non sempre all’altezza)

Presidente Giorgia Meloni, in bocca al lupo. Il Paese soffre e sanguina. Le promesse fatte in campagna elettorale e nel discorso con cui ha chiesto la fiducia sono state tante. Le aspettative quindi - in proporzione - altrettante. «L’orizzonte del governo è l’Italia tra dieci anni» ha detto la presidente Meloni in Parlamento. Ecco, partiamo da qui. Nessun rilancio economico effettivo sarà possibile senza affrontare e risolvere una volta per tutte il divario tra Nord e Sud. È una distanza patologica, colpevolmente alimentata da politiche economiche nazionali inique che il Mezzogiorno ha subito (anche per colpa di una classe dirigente locale non sempre all’altezza).

«Questione Meridionale al centro, elimineremo il divario» è stata la promessa di Giorgia Meloni. Non c’è Presidente del Consiglio che non abbia detto la stessa cosa. Evidentemente non mantenendola, però, visti i risultati. «Il divario con il Centro Nord in termini di tassi di occupazione e di prodotto pro capite è tornato ad ampliarsi; i livelli di produttività sono rimasti ampiamente inferiori a quelli del resto del Paese» (Bankitalia). La speranza di vita alla nascita nel 2021 nel Nord è di 82,9 anni contro gli 81,3 anni nel Sud (Istat). Nel 2021, l’incidenza delle famiglie in povertà assoluta si conferma più alta nel Mezzogiorno (10,0%, da 9,4% del 2020) mentre scende in misura significativa al Nord (6,7% da 7,6%), in particolare nel Nord-ovest (6,7% da 7,9%). Tra le famiglie povere, il 42,2% risiede nel Mezzogiorno (38,6% nel 2020). Non solo: 15 milioni di italiani sono a rischio povertà o esclusione sociale. La gran parte al Sud. Il ritardo atavico si registra in tutto: Pil pro capite, trasporto urbano, extraurbano, offerta sanitaria, scolastica, occupazionale. Finché la fotografia economica resterà questa nessuno può negare la necessità di mantenere attive misure protettive come per esempio il reddito di cittadinanza.

Basta per far fronte a tutto ciò la nomina di un Ministro ad hoc per il Mezzogiorno? No, così come non è bastato in passato. È urgente attirare investimenti, diversificare le produzioni, puntare su nuove tecnologie, fare del Sud la capitale della transizione energetica ed ecologica. Per farlo il PNRR era (ed è) una grande occasione. Per questo mi permetto di segnalare con una certa preoccupazione i dati diffusi dal Dipartimento per le politiche di coesione di Palazzo Chigi a metà ottobre sulla rendicontazione dei fondi PNRR. I tecnici di Chigi scrivono che la quota di soldi del PNRR effettivamente spesi per il Sud è ferma al 34%. Solo se consideriamo anche tutti gli interventi previsti ma non ancora attivati si supera il 40%. Le incognite sono tante e non conosciamo ancora le intenzioni del governo Meloni sul PNRR.

Sappiamo come ha detto nel suo discorso di insediamento che saranno concordati «con la Commissione Europea correttivi». Il passaggio per nulla tranquillizzante della relazione dei tecnici di Chigi è a pagina 18, paragrafo Elementi di attenzione: «Permane l’elemento di rischio, già evidenziato nella prima Relazione di verifica al 31 gennaio 2022, che la quota Mezzogiorno, valutata a conclusione di tutte le procedure dirette alla selezione di progetti, possa risentire della insufficiente capacità di assorbimento delle risorse da parte dei potenziali beneficiari del Mezzogiorno (persone, imprese, Enti locali...)». Non è tutto. «Visto che sono già identificabili a rischio “medio alto” e “alto” di tenuta circa 15 miliardi di euro già considerati come destinati al Mezzogiorno, massima attenzione dovrà essere prestata alle misure ancora da attivare (37,2 miliardi di euro) e alle risorse derivanti da economie o residui non impegnati. In entrambi i casi occorrerebbe garantire l’introduzione di adeguate misure di salvaguardia della quota Mezzogiorno in modo da compensare eventuali esiti inferiori alle attese delle misure già attivate».

Non vorrei che nemmeno noi, donne e uomini del Sud Italia, sottovalutatissimo lo scippo che potremmo subire. Quei soldi ci spettano, non ci sarà una seconda occasione. E vanno spesi bene, con una visione a lungo raggio, non stanziati qua e là solo per essere spesi. La coesione territoriale - tra l’altro - è uno degli obiettivi principali che si è dato il regolamento europeo ed è esplicitamente scritto che «il rispetto di questo obiettivo è particolarmente importante in Italia poiché consente di mettere la riduzione dei divari territoriali tra Nord e Sud del Paese al centro delle politiche di rilancio». Quello nato è indiscutibilmente un governo dalla forte identità nordista. La quota minima del 40% di fondi al Sud non può essere obiettivo da mancare, semmai da superare.

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