La riflessione

Nicola Lagioia e la «Gazzetta»: «Raccontare il Sud, laboratorio di pensieri»

Nicola Lagioia

«Auguro che il giornale diventi anche un laboratorio di idee, che attiri a sé voci e sguardi ca­paci di restituire le forme al grande rimos­so del discorso pubblico contemporaneo: il sud Italia»

Che cosa si può augurare a «La Gaz­zetta del Mezzogiorno» che final­mente torna in edicola? Non solo che informi, che racconti, che aiuti a capire cosa succede nel mondo della politica, della cultura, dell’economia, ma che diventi anche un laboratorio di idee, che attiri a sé, vale a dire, voci e sguardi ca­paci di restituire le forme al grande rimos­so del discorso pubblico contemporaneo: il sud Italia. Il Meridione è stato stralciato via dall’agenda politica nazionale (esiste, per contro, una questione settentrionale), e questo è successo in un momento di grande incertezza e di mancati rilanci.

Nonostante tre «primavere» che in un passato neanche remoto hanno portato aria fresca in tanti campi (rispettivamente in Si­cilia, in Campania e in Puglia) il meridione non ha ridotto il divario che lo separa dal resto del Paese – per non parlare dei para­metri europei – ed è dubbio se il Pnrr inver­tirà la tendenza. Ma l’allarme non riguarda solo la sfera economica. C’è un dato più al­larmante.

Sono rimasto molto turbato, qualche set­timane fa, dalla lettura del rapporto Istat sul possibile spopolamento futuro del Paese. I dati della proiezione, preoccupanti in tutta Italia, assumono dimensioni drammatiche per ciò che riguarda il Meridione. In prati­ca, secondo l’istituto nazionale di statistica, nei prossimi decenni la popolazione del sud Italia rischia di ridursi addirittura del 30%. È vero che queste previsioni non sempre resistono alla prova dei fatti perché si basa­no su parametri considerati immutabili nel tempo – non contemplano tra l’altro cigni neri, crisi globali o locali, e altri momenti di forte discontinuità – ma sono ugualmente interessanti perché comunque fotografano un presente.

Un’emorragia del 30% significherebbe ridurre il meridione a spettro del Paese – ma può, bisogna chiedersi, un Paese vedere infragilirsi così tanto una componente fon­damentale della propria identità senza col­lassare a propria volta per intero e perdersi del tutto? Se dai fatturati e dai redditi medi si passa all’immaginario, infatti, la «bilan­cia» tra Nord e Sud cambia drasticamente. Basti pensare alla componente culturale. Pensiamo al cinema, al teatro, alla lettera­tura, al cibo, alla moda: l’immaginario ita­liano – anche quando viene «fabbricato» e «venduto» altrove – ha nel Sud un motivo ispiratore fortissimo.

Dell’immaginario che riesce a produrre, il Sud si avvantaggia meno di ciò che do­vrebbe, ma senza questo patrimonio sareb­be l’intero paese a perdere la bussola. La questione meridionale, insomma, è ancora una volta una questione nazionale, seppure in maniera e con dinamiche molto diverse rispetto a ciò che è accaduto nel XX secolo. Un giornale come la «Gazzetta» potrebbe allora inserirsi in questo dibattito più che mai attuale, essere da stimolo e da pungo­lo non solo per la politica, ma anche per la classe dirigente e la società civile. Potrebbe aiutare i lettori a capire meglio non solo in quale terra vivono oggi (non c’è tempo più difficile da decifrare del presente) ma anche quale mondo è legittimo, auspicabile e pos­sibile abitare in un domani che smentisca le previsioni elaborate sui parametri odierni.

Il futuro non è scritto, per dirla con Joe Strummer. Infine, spero che il laboratorio di questo giornale appena rinato offra idee di cui si possa avvantaggiare chiunque, a Bari, come a Roma, come a Milano, come a Torino, in modo nuovo e imprevedibile. Ci stiamo faticosamente lasciando alle spalle una situazione che mai avremmo creduto di poter affrontare, così è lecito rivedere anche qualche certezza sui luoghi da cui potrebbe­ro arrivare le ricette migliori per i problemi di tutti.

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