l'iniziativa

«È Lecce», la mostra fotografica della Gazzetta si chiude con oltre 2mila spettatori

biagio marzo

Al centro degli incontri l’anima sociale smarrita: la capitale del Salento non può vivere di solo turismo

Si è conclusa ieri, con oltre 2000 visitatori, la mostra fotografica organizzata dalla Gazzetta del Mezzogiorno a San Francesco della Scarpa nell’ambito dell’iniziativa denominata «È Lecce».

Lecce ha perso la sua anima sociale. I suoi vicoli, un tempo animati da artigiani, famiglie, mestieri antichi, oggi risuonano vuoti. I residenti hanno lasciato il centro storico per i nuovi quartieri; al loro posto, una selva di B&B, pub, ristoranti. L'economia del vicolo — fatta di botteghe e creatività manuale — è stata sostituita da un turismo veloce, da weekend. Eppure Lecce, con le parole di Vittorio Bodini, resta: “Biancamento d'orato”, popolata da “angeli dalle dolci mammelle, guerrieri saraceni e asini dotti con ricche gorgiere”. È la capitale simbolica del Salento, custode della romanità e dello stile barocco, sbocciato con la dominazione spagnola tra il XVI e il XVIII secolo. Guido Piovene, nel suo “Viaggio in Italia”, la definisce una “Firenze delle Puglie”, raffinata, aristocratica, colta. “Lecce è l'antitesi di Bari”, scrisse, “più vicina per temperamento a Vicenza o Bergamo”. Ma oggi quella gentilezza ironica e quel distacco intellettuale sembrano sbiaditi. Resistono solo pochi cartapestai, ultimi presidi di una tradizione che rischia l'estinzione. I maestri del ferro battuto sono ormai un ricordo. Non è questione di colpe politiche: è un fenomeno comune a molte città d'arte, fagocitate dal turismo.

Ma Lecce - come emerso dai talk organizzati dalla Gazzetta - non può vivere di solo turismo. Servire un nuovo equilibrio tra accoglienza e produzione culturale. Servono rassegne letterarie, festival di cinema, mostre d'arte, sculture urbane, occasioni per riscoprire i genius loci. Servono idee, non solo vetrine. Intanto, la città è un cantiere. Quando i lavori pubblici e privati saranno completati, Lecce sarà più ordinata, più decorosa. Si costruisce sul costruito, senza consumare nuovo suolo: un segnale positivo. Ben governata, Lecce potrà diventare un mosaico armonioso, dove la bellezza del barocco convive con la modernità dei nuovi quartieri. Ma resta un nodo irrisolto: l'università. Da decenni vive isolata, autoreferenziale, lontana dal cuore della città. Va ricucito il rapporto, serve un ponte — fisico e culturale — perché l'università diventi parte viva della comunità. E poi c'è il mare, troppo spesso dimenticato. Lecce è città di mare, con 22 chilometri di costa sull'Adriatico: un tratto bellissimo, fragile, in parte devastato dall'abusivismo.

È tempo di riconoscerne il valore ambientale, paesaggistico, storico. La costa deve essere difesa e integrata con la città, dotata di infrastrutture, collegamenti rapidi, spazi pubblici. Deve diventare risorsa collettiva, leva di economia sostenibile, elemento centrale della nuova identità leccese. Il mare non è solo una cartolina: può essere il futuro. Lecce ha tutto. Ma se non si ricompone il suo spirito, rischiando di restare per davvero solo bella senza anima.

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