«Ciarderie»

Tutti a fare selfie anche in amore

Gianni Ciardo

Hiroshi Ueda è colui che con un bastone... inventò il modo di fotografarsi da soli. E io vi racconto la mia storia

Buongiorno. Aiutatemi! Mi piacerebbe scrivere sulla Gazzetta del Mezzogiorno, per poi essere anche letto sullo stesso giornale. C’è pero che tutti usano il telefonino o cosiddetto cellulare. Io pensavo, comunque, che il cellulare fosse quello su cui mi fecero salire quando mi sorpresero a Torre Canne mentre scaricavo i cartoni di sigarette. Bei tempi! Devo dire che non era solo fumo e senza arrosto.

Oggi, in ogni caso, viene fatto tutto con il telefonino, letture, messaggi, e mail, whats’app, fotografie e selfie.

Solo fumo.

Mio nipote lo abbiamo battezzato! Non ho visto neppure un fotografo con la macchina fotografica. Mio nipote stesso, ancora in fasce, aveva uno smartphone e si fotografava da solo. Poi, per avere un ricordo di quella giornata prestava il suo smartphone agli invitati che si fotografavano da soli.

Oggi tutto questo traffico fotografico si chiama anche selfie. Cos’è il selfie? Chi lo ha inventato? Chi lo ha progettato?

Mi sarebbe piaciuto non saperlo, perché sapendolo sicuramente avrei raggiunto l’inventore per scambiare due chiacchiere, rigorosamente di persona.

Invece, no. Mi è capitato di leggere un articolo pubblicato su Il Post scritto da Giacomo Papi che raccontava di un certo signor Hiroshi Ueda, giapponese di origine, anche perché uno che si chiama così, non può essere di Bari. Impiegato di un’azienda elettronica il signor Ueda decise di portare la famiglia al Louvre. I cellulari non esistevano ancora. Il nostro amico Hiroshi con la sua macchina fotografica (anche perché i giapponesi in gita li abbiamo sempre visti con al collo una macchina fotografica e i colombi in mano) chiese ad un ragazzo che passava di là, di scattare qualche foto.

Il ragazzo (non sappiamo che origine avesse), scattò due foto e scappò con la macchina fotografica. Hiroshi con un bastone (forse) cercò di inseguire il ragazzo per sfraganarlo di mazzate, pur non essendo di Bari. Niente. Rimase col bastone in mano (forse) e per evitare un’altra fregatura, tornato a casa, inventò il bastone per macchina fotografica.

Ed ecco che così, senza paura, poteva fotografarsi da solo. Hiroshi, quindi, è stato uno di quelli che ha mantenuto le distanze con un semplice bastone, così insomma - come si dice in Giappone - da «sotto il guasto viene l’aggiusto».

Nasce così il Selfie.

Perché si chiama selfie? Io non lo so e non lo voglio sapere.

Sicuramente, qualche maniaco della tecnologia lo sa molto bene.

Prima si faceva tutto con rapporto diretto. Anche l’amore.

Oggi si fa l’amore senza rapporto diretto.

Prima, se volevi scrivere a qualcuno usavi la penna. Oggi si fa con in una mano il carrello della spesa e con l’altra si manda un Selfie.

Prima, se volevi aprire le ostriche, si chiamava l’ostetrico. Prima, per pulire i vetri si chiamava il veterinario. Ognuno aveva un ruolo fisicamente (anche quando era sbagliato, come nei due casi di sopra).

Prima, insomma, ci facevamo le domande come ad esempio se fosse nato prima l’uovo o la gallina. Oggi non più.

Il quadro della Gioconda ed il suo sorriso non fu certamente un selfie. Era vero.

Oggi nei selfie, con le risate forzate, abbiamo il risultato della vuotezza di chi è insoddisfatto.

Ricordo con nostalgia che c’erano le cabine telefoniche con i loro gettoni introvabili, pronti ad essere sostituiti, all’occorrenza, dalle orecchiette che avevano la stessa forma.

Ricordo, ancora, con nostalgia di quando a Roma, davanti ad una famosa gioielleria, vidi uscire Robert Redford e bloccandolo davanti alla vetrina, gli chiesi di aspettare e darmi il tempo di cercare una macchina fotografica, per fare una foto con lui.

Feci tutto il giro dell’isolato, ma non trovai nessuna macchina fotografica.

Robert Redford, invece, lo trovai lì ad aspettarmi, con un sorriso bellissimo, nonostante il mio affanno.

Se avessi potuto fare un selfie, oggi lo avrei fra milioni di immagini e magari non me lo ricorderei come invece ricordo quel sorriso fermo ad aspettare me.

Beh, oggi c’è il selfie, per cui tutto è più veloce.

Anche la vita.

Anche la vita?

Io sono uno che ha tempo da perdere.

Buona vita.

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