Storia & memoria

Quelle stragi naziste in terra di Puglia

Vito Antonio Leuzzi

Drammatiche pagine dalla Daunia alla Murgia

Una politica del massacro, attuata senza pietà anche nei confronti della popolazione civile, rappresenta non solo una triste manifestazione della guerra in Ucraina, ma una delle eredità peggiori dell’ultimo conflitto mondiale a partire dal sud dell’Italia. Dopo l’8 settembre del 1943 in diverse località della Puglia si verificarono orrendi misfatti da parte dell’esercito tedesco in ritirata nei confronti dei soldati italiani che dopo l’8 settembre tentavano di raggiungere le loro case; si sparò contro civili inermi, si minarono le strade di accesso di diversi centri abitati, si fecero saltare ponti stradali e ferroviari, si distrussero serbatoi, ponti dell’Acquedotto pugliese, magazzini alimentari. Sulla costa pugliese trovarono rifugio decine di migliaia di profughi, iugoslavi, albanesi, greci, in fuga dal terrore nazista che imperversava nei Balcani, soprattutto ebrei di diversa nazionalità scampati ai rastrellamenti ed alla deportazione.

In un recente volume dell’Istituto pugliese per la storia dell’antifascismo e dell’Italia contemporanea e della Regione Puglia si presentano i luoghi delle stragi e degli occultamenti delle vittime, degli assassini, ed al contempo dell’accoglienza dei profughi. A Valle Cannella a pochi chilometri da Cerignola in uno dei più suggestivi paesaggi della regione, con l’Ofanto che si proietta verso il mare, in una ansa del fiume in secca furono catturati dieci soldati italiani ed un prigioniero inglese, trasferiti su una altura circostante, passati per le armi ed i loro corpi gettati in una fossa per la conservazione del grano.

Nei pressi delle cave di Bauxite nel cuore dell’Alta Murgia in località Murgetta Rossi (Spinazzola) furono trucidati 22 soldati italiani ed i loro corpi occultati sotto il muro di un ovile che fu fatto saltare. Balzano all’attenzione per la loro barbarie la strage di Barletta, dieci vigili urbani e di due operai comunali, quella di Castellaneta e di Ascoli Satriano dove un reparto tedesco lanciò granate provocando numerose vittime. Sulle vie della transumanza da Candela ad Accadia e Monteleone di Puglia furono minati i bordi delle strade provocando diversi morti; mentre sulla costa di Vieste furono mitragliati ripetutamente da apparecchi germanici barconi gremiti di profughi con molti feriti che furono soccorsi dalla popolazione. In tutta la Murgia si verificarono assassini e misfatti che coinvolsero soldati e cittadini inermi a Bitetto, Altamura, Gravina, Santeramo. Nell’area ionica nei territori di Laterza e Ginosa i tedeschi in ritirata colpirono individui isolati e minarono le strade come a Girifalco dove, divesi mesi dopo, una intera squadra di contadini fu falcidiata mentre si recava al lavoro.

La scia di sangue come si evidenzia dalle numerose lapidi caratterizzò l’Appennino Dauno, in particolare Alberona ed i paesi al confino con l’Abruzzo ed il Molise, Celenza Val Fortore e Serracapriola. I tedeschi in ritirata tentarono di sabotare l’arsenale militare ed il ponte girevole di Taranto ben difeso dai militari italiani. Mentre al porto di Bari furono respinti dalla resistenza spontanea dei militari delle diverse armi e del popolo della Città Vecchia. Furono affondati barconi all’imboccatura dei porti di Barletta, Manfredonia ostruendone l’entrata; si contarono vittime tra gli avieri negli aeroporti di Gioia del Colle; si verificarono distruzioni del Centro chimico militare ed della Cartiera di Foggia.

Il capoluogo pugliese rappresentò dal settembre 1943 al 1945, e negli anni seguenti, il più importante luogo di accoglienza dei profughi stranieri ed italiani con l’allestimento di campi profughi in ex campi di concentramento militare come Torre Tresca alla periferia di Bari, con la requisizione di migliaia di appartamenti e ville, Torre a Mare, Palese, Santo Spirito, Cozze,e con l’allestimento, in ex caserme, di altri campi a Trani e Barletta. Tutto il litorale dell’estremo Salento, in particolare Santa Cesarea Terme, Tricase Porto, Santa Maria di Leuca, Santa Maria al Bagno fu trasformato in un immenso campo profughi. L’annuncio delle liberazione delle grandi città del nord, il 25 aprile del 1945, rappresentò per l’intera popolazione e soprattutto per i profughi la fine di un incubo, di privazioni e di molte sofferenze relative ad una guerra totale che ebbe conseguenze terrificanti e di lungo periodo su gran parte del mondo, non solo nella realtà italiana ed europea.

«Luoghi della Memoria in Puglia. Antifascismo Resistenza Accoglienza» (a cura di Anna Gervasio e Vito Antonio Leuzzi pref. di Aldo Patruno, Edizioni dal Sud, 2022).

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