L'intervista

Lecce, scende in campo Corvino l’«highlander»: «È iniziato un nuovo ciclo: tutti uniti ce la faremo»

Antonio Calò

«In sei partite conquistati cinque punti, avendo affrontato Milan ed Atalanta. Siamo quindi in linea con quello che dovrebbe essere il nostro percorso»

Quest’anno taglierà le 800 partite da dirigente in Serie A, su un totale di circa 2000. Pantaleo Corvino è l’uomo dei record, una sorta di «highlander» del calcio. Al quale il Lecce ha affidato le chiavi per crescere, vincere, possibilmente stabilizzarsi nel massimo campionato. Abbiamo approfittato della sosta osservata dalla A in coincidenza degli impegni delle nazionali per fare una chiacchierata con il responsabile dell’area tecnica del Lecce.

Come valuta questo primo scorcio di campionato della formazione giallorossa?

«Si deve partire dalla considerazione che dopo cinque stagioni abbiamo chiuso un ciclo, nel quale abbiamo centrato una promozione in A e tre salvezze consecutive nel massimo campionato, che stiamo disputando per la quarta volta di fila. Inoltre, abbiamo vinto uno scudetto Primavera. Non è stata una passeggiata, ma un periodo molto lungo e duro per chi, come tutti noi in società, è figlio del Salento, un territorio che merita tanta visibilità, come quella che deriva dal calcio ad alti livelli. Un territorio che vorremmo tenere il più in alto possibile, rendendo orgogliosi i tifosi. Ora abbiamo iniziato un nuovo ciclo ed in sei gare abbiamo ottenuto cinque punti, pur affrontando Milan ed Atalanta. Siamo quindi in linea con quello che dovrebbe essere il nostro percorso, senza dimenticare che ogni anno aumentano le società rette da fondi d’investimento o da proprietà straricche che lottano per il medesimo traguardo. Quindi siamo i più “piccoli” fra i “grandi”, pur lavorando e programmando come i “grandi”. Questo significa che il compito diventa sempre più arduo, ma non ci siamo mai tirati indietro dinanzi alle sfide e continueremo a battagliare sino a quando le motivazioni ci sorreggeranno».

La sconfitta casalinga subita con il Cagliari, anche per come è maturata, ha portato scoramento tra i supporter. Ha preoccupato anche l’area tecnica?

«Abbiamo tanta esperienza in serie A. Sono risultati che non piacciono a nessuno, ma che rientrano nel percorso di una stagione, a maggior ragione come quella appena iniziata. La stessa cosa è accaduta al Parma, che ha perso sul proprio campo contro di noi. Quando succede bisogna continuare a lavorare duramente per cercare di riprendere il cammino. L’importante è rialzarsi e lo abbiamo fatto, con due buone prestazioni, contro Bologna e Parma, dimostrando la volontà di provare a giocarcela sempre, con la consapevolezza di quanto ogni partita sia difficile».

Il campionato è ancora lungo ed irto di ostacoli. Quali errori non bisogna commettere per avere maggiori probabilità di conquistare la quarta salvezza di fila?

«Gli errori, purtroppo, sono sempre dietro l’angolo. Le sconfitte dovrebbero indurre ad essere più compatti. Invece, nell’era mediatica, dei social, innescano spesso critiche che tendono a demolire e non a costruire, materiale utile alle nostre avversarie. Quando si ha come obiettivo la permanenza, il gruppo-squadra non ha mai le spalle tanto larghe, per esperienza e tempra, per reggere a simili situazioni. Pertanto, nei periodi negativi i calciatori devono cercare di isolarsi dal contesto generale. Per fortuna, però, ci sono tanti veri tifosi che comprendono gli enormi sforzi che sta portando avanti il Lecce e ci sono vicini anche nelle fasi delicate. Per quel che riguarda la società e l’area tecnica, sappiamo bene che il percorso di una formazione che ambisce alla salvezza è costellato più di gare perse che di vittorie e di pareggi. E siamo consapevoli che l’unica strada per rialzarsi è costituita dal lavoro e dall’unità. Per vincere bisogna avere paura di perdere. Ebbene, le nostre paure, in questi anni, ci hanno permesso di tagliare il traguardo prefissato. In base al proprio ruolo, ciascuno deve dare il massimo perché, qualora l’obiettivo non dovesse essere centrato, nessuno dovrà rimproverarsi qualcosa, pur sapendo che, nell’attuale serie A, noi siamo Davide e gli altri Golia».

Nei primi sei turni, si è messo in mostra Tiago Gabriel, che ha preso il posto del capitano Federico Baschirotto e sta dimostrando di essere molto interessante. Se lo aspettava?

«I nostri calciatori sono seguiti in tutta Europa. Spesso riceviamo degli apprezzamenti. Tiago Gabriel è un profilo in linea con il nostro modo di lavorare. È giovane ed ha ottime prospettive. È nato nel dicembre 2004 ed è quindi quasi un 2005, ma si comporta come un giocatore esperto. Non è affatto scontato che un calciatore navigato renda di più e meglio di uno in rampa di lancio. Se fosse rimasto Baschirotto, forse il portoghese non sarebbe emerso. Attenzione anche a Sala, Siebert ed altri, nei quali crediamo molto».

Dopo avere fatto centro con la casacca del Lecce, Francesco Camarda ha segnato anche con la nazionale Under 21. Come sta crescendo nel Salento?

«Quando lo abbiamo presentato, ho sottolineato come la qualità non abbia età. Lui ha talento. Si è integrato subito con il resto del gruppo ed in campo non si discute. La rete che ha realizzato contro il Bologna ci ha permesso di aggiungere un punto in classifica e di ripartire con rinnovato entusiasmo. In azzurro si è ripetuto, diventando il più giovane di sempre a fare centro con l’Under 21. Sta effettuando un percorso di indubbio rilievo».

Cosa ha detto sin qui il campionato di serie A? Quali compagini lotteranno per lo scudetto? Ne vede una favorita?

«Si sta dimostrando un torneo molto combattuto, che vede un numero sempre più ampio di squadre che sgomitano per lo scudetto, per un posto nelle coppe europee e per una salvezza tranquilla. Tra fondi d’investimento e società straricche siamo meno di tre che partono con l’intento di raggiungere la permanenza. Il livello è cresciuto. In questo momento, la sorpresa è probabilmente la Roma, ma una favorita per il titolo dopo sei turni è prematuro indicarla».

Si aspettava che Luka Modric, un campione assoluto, ma di 40 anni, risultasse tanto impattante sul calcio italiano?

«Parliamo di un “pallone d’oro” che ha vinto tantissimo ai massimi livelli con il Real Madrid, che ha una grande mentalità ed una classe cristallina. Inoltre, ha passione e consapevolezza di ciò che è in grado di dare. Insomma, è la conferma che il talento non abbia età».

A quali obiettivi possono ambire le italiane in Champions League?

«La competizione è difficilissima. Nelle prime gare disputate, le nostre rappresentanti hanno fatto abbastanza bene. I risultati sono incoraggianti, ma i giochi si decideranno in seguito, quando si chiariranno meglio le gerarchie».

Cosa si aspetta dal Lecce Primavera?

«Dopo che siamo tornati a vincere lo scudetto, sono state cambiate le regole ad arte. Si è fatto in modo che non solo Golia batta sempre Davide, ma che non ci sia nemmeno competizione. Riuscire a restare in Primavera-1, per noi, dovrebbe essere impossibile».

Da circa un mese, la formazione maggiore si allena sul campo-1, dedicato a Graziano Fiorita, del centro sportivo di proprietà. Si tratta di un sogno che si è realizzato?

«Dotarsi di una struttura propria, moderna e all’avanguardia è uno step di crescita fondamentale per un club, un evento storico per l’U.S. Lecce, che non aveva mai compiuto un passo così importante. Con Saverio (Sticchi Damiani, ndc) e con l’avallo degli altri soci, abbiamo coronato un sogno, lasciando l’impianto alle generazioni future. Tra gli obiettivi che ci eravamo posti all’inizio del nostro cammino insieme, c’era anche la realizzazione di un centro sportivo, che ci permetterà di contare su una sorta di cuore pulsante della nostra attività sportiva e che permetterà a tutte le nostre squadre, da quella maggiore alle giovanili, di lavorare in un’unica struttura. È come avere vinto uno scudetto».

Da quando è tornato ad operare per il Lecce ha scoperto diversi talenti. Di quale «colpo» di mercato è più fiero?

«Indicarne uno sarebbe riduttivo. Cifre alla mano, la cessione di Dorgu è stata la più importante della storia del club perché ha fruttato oltre trenta milioni di euro. Ma operazioni come quelle di Hjulmand, Pongracic, Gendrey e Krstovic rappresentano ulteriori tasselli fondamentali per la crescita dell’U.S. Lecce. Come del resto lo sono state, nel precedente periodo vissuto con la società giallorossa, quelle relative a Bojinov, Vucinic, Pellè, Chevanton, Ledesma, Cassetti ed altri».

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