Il Politico nel Pallone
Melchiorre: «Meloni vero numero 10. Il Bari? In A e spero con una proprietà barese»
«Penso a Vialli in particolare, il simbolo dell’amore per la vita, nonostante i momenti di buio trascorsi per la malattia»
Senatore Filippo Melchiorre, meloniano ed ex arbitro, è ripartito il campionato di serie A ma soprattutto tre miti del calcio sono «andati avanti» in queste settimane: Sinisa, Pelè e Vialli…
«Hanno rappresentato, penso a Vialli in particolare, il simbolo dell’amore per la vita, nonostante i momenti di buio trascorsi per la malattia. Hanno sempre lanciato un inno gioioso alla vita: un insegnamento che vale per tanti ragazzi che non trovano la strada giusta e pensano di demordere».
Per chi ha tifato ai mondiali?
«Da qualche anno guardo meno le squadre e più gli arbitri. Il mio cuore però batteva per l’Argentina: la sua vittoria ripaga un popolo di tanta sofferenza».
Giocava a pallone prima di indossare la divisa da direttore di gara?
«Il calcio mi è sempre piaciuto. Le racconto un aneddoto».
Prego.
«Mio padre mi portò a un corso per giovanissimi, in un centro a Carbonara. Quando mi venne a riprendere, l’allenatore gli disse netto: “Il ragazzo non è portato”. Avevo i piedi ignoranti. E così rimasi nell'ambiente calcistico seguendo il corso da arbitri: con il fischietto sono stato protagonista anche in campi nazionali».
Il tifo per il Bari: la prima gara vista?
«Bari-Samp con Enrico Catuzzi allenatore. Si entrava al Della Vittoria con i Borghetti, andavo in Curva Nord con amici storici, come Luca Mazzarelli».
Dove arriverà la squadra di Mignani?
«Spero in alto. Lo dico da tifoso. Ma c’è la questione irrisolta della doppia proprietà. I De Laurentiis hanno l’impegno di traghettare il club, in caso di promozione, ad una nuova proprietà solida. Sarebbe bello se la società fosse gestita proprio da baresi. Se la Fiera del Levante e la Banca popolare di Bari sono ormai appannaggio di “forestieri”, almeno il calcio vorrei che rimanesse in casa».
Serie A post mondiali, che torneo sarà?
«Il calcio è in crisi. Va riformato e ristrutturato, cambiando le regole. Il ministro Andrea Abodi è l’uomo gusto, competente, per favorire la rigenerazione del mondo del pallone e degli sport minori. Investire nello sport rende la società e la salute dei cittadini migliori».
Tifa per qualche grande club?
«Sono del Bari, ma da ragazzino mi piaceva il Torino di Graziani e Pulici. Ora stiamo creando in parlamento un gruppo di amici dei granata: tra i primi iscritti ci sono il ministro Luca Ciriani e il parlamentare abruzzese Etel Sigismondi».
Dal pallone alla politica, con che schema gioca la destra al governo?
«Non alla Zeman ma a uomo. Partiamo dall’uomo/donna che è al centro della nostra azione, che sia studente, lavoratore, imprenditore o anziano».
In Puglia come si cambia gioco dopo un ventennio di centrosinistra?
«Ogni qualvolta scegliamo un posto per riunire i nostri iscritti, come sabato a Bari, la sala è troppo piccola per le adesioni che registriamo. Le nostre linee saranno merito, partecipazione e connessione con il territorio, non commettendo l’errore di essere eletti per poi dimenticarsi del popolo, come hanno fatto dem e grillini».
Un paragone con un calciatore per Giorgia Meloni e Michele Emiliano.
«Il premier è come Maradona, una vera fuoriclasse, il numero dieci dell’Italia. A lei non interessa essere rieletta ma essere “ricordata” per quanto di buono fatto a Palazzo Chigi. Il governatore assomiglia a un presidente di calcio senza etica: ha consentito di passare da destra a sinistra a troppi personaggi, come se la politica fosse simile al calciomercato. Rivera non potrebbe mai diventare un calciatore dell’Inter, come è successo in Puglia in questi anni. E tutti quelli passati da destra a sinistra, poi storicamente, non hanno fatto una bella fine…».