criminalità
Brindisi, «Il segreto svelato da Antonio Morleo? Solo un piano escogitato dall’imputato»
Omicidi Cairo e Spada, la Corte d’Assise smonta la ricostruzione dei due fratelli.
BRINDISI - Nessun segreto svelato da Antonio Morleo in punto di morte al fratello Enrico sull’uccisione di due persone su mandato dell’altro fratello, Massimiliano, poi diventato pentito, ma solo «la preordinazione di una tesi difensiva escogitata» dall’imputato e «avallata dalla moglie». Tesi che per la Corte d’Assise di Brindisi «non trova fondamento né fattuale né logico» nelle risultanze del processo sugli omicidi degli imprenditori brindisini Salvatore Cairo e Sergio Spada, attivi nel settore del commercio delle pentole e degli articoli per la casa, uccisi più di 20 anni fa.
Ed è anche per questo che i giudici, togati e popolari, hanno condannato all’ergastolo gli imputati Enrico e Cosimo Morleo, ritenendoli - rispettivamente - esecutore materiale e mandante di entrambi i fatti di sangue, così come chiesto dal pm della Dda di Lecce, Milto Stefano De Nozza. Nelle motivazioni della sentenza, depositate nei giorni scorsi, la Corte ha fatto riferimento alla tesi prospettata dal difensore di Enrico Morleo, l’avvocato Giacinto Epifani, in sede di discussione finale, secondo cui «gli omicidi di Cairo e Spada potrebbero essere stati eseguiti materialmente da Antonio Morleo, fratello degli imputati, morto nel 2010» a causa di una malattia. Secondo la difesa, determinante è una conversazione ascoltata nella camera da letto di Enrico Morleo, tra l’imputato e la moglie, la sera del 28 gennaio 2022.
Secondo questa ipotesi, Antonio Morleo, in punto di morte, avrebbe confessato di aver ucciso due volte, ottenendo in cambio da Massimiliano Morleo la promessa di mantenere economicamente la sua famiglia. Alla stessa ipotesi si riferisce la lettera che Enrico Morleo ha scritto al presidente della Corte d’Assise, Maurizio Saso, nel novembre del 2024, allegando il santino di Antonio Morleo per affermare la sua innocenza e ribadire la storia del segreto. Ma per i giudici, questa ricostruzione è risultata «infondata e incongrua», innanzitutto perché l’unica persona che potrebbe confermare o sconfessare è deceduta. In secondo luogo, l’unico fratello depositario del segreto sarebbe Enrico Morleo, poi il desiderio manifestato da Massimiliano Morleo di voler provvedere al sostentamento economico della famiglia del fratello Antonio, «laddove sia stato realmente dichiarato, non è di per sé elemento sufficiente a far ritenere che quest’ultimo abbia ordinato l’uccisione di due persone e che Antonio abbia accettato ed eseguito gli omicidi». La Corte ha inoltre evidenziato che lo stesso Enrico Morleo, interrogato dal pm, «non solo rispondeva di non sapere chi fossero le due persone che Antonio avrebbe dovuto uccidere su mandato di Massimiliano, ma ammetteva qualcosa di ben più importante: “non lo sapeva nemmeno lui”. Infine, per i giudici, supponendo «per assurdo che sia stato Antonio l’esecutore materiale dei due omicidi su ordine del fratello Massimiliano, non si addiverrebbe al movente», perché quest’ultimo non aveva alcun rapporto con gli imprenditori.
L’intercettazione nella camera da letto di Enrico Morleo, secondo la Corte, «rappresenta il tentativo dell’imputato, consapevole del fatto che Massimiliano potrebbe collaborare con la giustizia e rendere noto quanto rivelatogli dal primo riguardo ai fatti, di formulare un alibi per sottrarsi alla responsabilità penale legata agli omicidi di Cairo e Spada». La moglie di Enrico Morleo - si legge nelle motivazioni - «lungi dal venire a conoscenza di una circostanza realmente accaduta, è intenta a incoraggiare il convivente a mantenere questa linea difensiva». L’avvocato Epifani, così come gli avvocati Luca Leoci ed Elvia Belmonte per Cosimo Morleo, presenteranno appello.