Criminalità
Droga e armi da guerra: la Dda conferma le accuse in 26 tra brindisini e leccesi rischiano il processo
Nove gli indagati per associazione di stampo mafioso e tredici per narcotraffico
La Dda di Lecce ha confermato le accuse di associazione di stampo mafioso, traffico di droga e detenzione di armi a conclusione delle indagini imbastite partendo dalla descrizione dei ruoli dei fratelli Fabrizio e Gimmi Annis, di San Pietro Vernotico, rimasti a piede libero dopo il blitz del 12 dicembre 2023, e di Salvatore Perrone di Trepuzzi, destinatario di ordinanza di custodia cautelare in carcere. Complessivamente gli indagati sono 26, tra brindisini e leccesi che, secondo l’accusa, sarebbero riusciti a trovare una sintesi per alimentare il comune interesse verso il business della bianca (la cocaina), della nera (l’eroina) e di hashish e marijuana, fino alla fine di gennaio 2022. Nove indagati rischiano il processo per mafia e 13 per narcotraffico, tra i quali figura l’aspirante collaboratore di giustizia Cesare Sorio, detto Alberto, 37enne di San Pietro Vernotico. Secondo l’accusa contestata dalla pm Carmen Ruggiero, Fabrizio e Gimmi Annis, Massimiliano De Marco, Raffaele Pietanza, Salvatore Perrone, Carlo Coviello, Stefano Elia, Cristian Lazzari e Vincenzo Catalano avrebbero fatto parte della Sacra Corona Unita, appartenendo ad articolazioni attive fra le province di Brindisi e Lecce. Sul versante brindisino, il ruolo di «capo e promotore» è stato attribuito a Fabrizio Annis, già condannato in via definitiva per associazione mafiosa dalla Corte d’Appello di Lecce, in veste di «referente su San Pietro Vernotico» prima per il del clan dei cosiddetti mesagnesi riconducibile ad Antonio Vitale, Massimo Pasimeni e Daniele Vicentino, successivamente della frangia riferibile a Giovanni Donatiello, alias Cinquelire, di recente condannato per tentata estorsione mafiosa.
Il mantenimento dei capi storici della Scu operante a San Pietro Vernotico e in particolare di Giuseppe Giordano, detto Aiace, condannato in via definitiva anche per omicidio, sarebbe stato compito di Massimiliano De Marco. Sul versante leccese, per la Dda «capo e promotore» sarebbe stato Salvatore Perrone, alias «Signuria» e «Friculino», già condannato con sentenza irrevocabile per associazione di tipo mafioso come partecipe al clan di Salvatore Caramuscio, referente della Scu sul territorio di Trepuzzi, e avrebbe tenuto «i rapporti con i capi di altri clan federati alla Sacra Corona Unita e con la frangia brindisina della organizzazione». Perrone avrebbe fornito lo stupefacente, imponendo il prezzo di vendita così come le direttive per la gestione anche di eventuali conflitti di competenza e di questioni relative al pagamento delle forniture. Sulla piazza di San Pietro Vernotico, Massimiliano De Marco si sarebbe occupato dell’approvvigionamento «interagendo direttamente con Perrone, unitamente a Cesare Sorio» e della «conclusione delle trattative anche con fornitori che operavano in contesti criminali di altri territori». De Marco, inoltre, «stabiliva i prezzi di vendita e si occupava personalmente della tenuta del libro contabile sul quale annotava i profitti e le modalità di spartizione».
Sorio ha iniziato a rendere dichiarazioni lo scorso mese di gennaio e ha ammesso, così come si legge nei verbali depositati dalla Dda, di essere «uomo di fiducia» dei fratelli «Fabrizio e Gimmi Annis». Ha riferito che i fratelli controllavano tutto il traffico dello stupefacente imponendo la vendita della cocaina a 60 euro al grammo. Nel corso delle indagini è emersa la disponibilità di armi, anche di guerra, tra cui un mitragliatore israeliano di tipo Imi Uzi, con caricatore contenente 12 proiettili, di diverso calibro.