L'indagine
Rapina allo Zoosafari di Fasano: Il Dna incastra uno degli arrestati
Il capello trovato nel passamontagna perso durante la fuga è identica a uno degli uomini già finiti in carcere, accusati di aver preso 12.800 euro, l'incasso della giornata
FASANO - La firma (genetica) c’è. Dalla comparazione del Dna è arrivato il carico da novanta nell’indagine sulla rapina allo Zoosafari compiuta il 20 settembre di tre anni fa. Nei giorni scorsi la biologa forense a cui il pm Raffaele Casto ha affidato l’incarico di effettuare la comparazione tra il Dna estratto dai campioni biologici presenti nel passamontagna trovato dagli investigatori lungo la via di fuga percorsa dai rapinatori dopo il colpo e il codice genetico dei due presunti autori della rapina allo Zoo, ha depositato la sua relazione. Stando a quello che è stato possibile sapere, la genetista sarebbe arrivata alla conclusione, supportata in questo dalla lettura della struttura biochimica dei Dna comparati, che la sequenza genetica di uno degli indagati è identica a quella ricavata dal capello trovato nel passamontagna.
Per la rapina allo Zoo dall’ottobre scorso sono in carcere G. M., 41 anni, e R. R., 32 anni, entrambi fasanesi. Dallo stesso giorno una giovane fasanese è sottoposta a provvedimento cautelare di obbligo di dimora. Gli arresti sono arrivati dopo due anni di confronti giudiziari (il gip ha rigettato la richiesta del pm, che contro quel diniego ha fatto ricorso con successo al Riesame, con la Cassazione che ha poi confermato). La decisione del pm di effettuare l’esame del Dna sui campioni biologici prelevati da un passamontagna trovato dagli investigatori lungo la via di fuga percorsa dai rapinatori dopo il colpo è arrivata all’indomani della conclusione delle indagini preliminari.
Per oggi è in calendario l’udienza preliminare dinanzi al gup del Tribunale di Brindisi Vilma Gilli. Ora si tratta di capire se i risultati degli accertamenti genetico-forensi andranno a modificare le strategie dei difensori degli indagati nell’udienza preliminare. Il Codice prevede che oggi gli imputati potranno optare per eventuali riti alternativi (scelta, questa, che consentirebbe loro di beneficiare di uno sconto di pena in caso di condanna).
Se risponde al vero che dalla comparazione è emersa, dal punto di vista genetico, la corrispondenza del profilo del Dna ricavato dagli elementi biologici trovati nel passamontagna e quello di uno degli indagati, la piattaforma indiziaria andrebbe ad arricchirsi di dati idonei a conferirle il crisma della certezza ed univocità. Inquirenti e investigatori ritengono di avere già acquisito una serie di elementi che incastrano alle loro responsabilità i presunti autori della rapina allo Zoo, ma l’esame del Dna diventerebbe la prova regina dell’indagine.
Il colpo fruttò ai banditi circa 12.800 euro, denaro che un addetto della struttura stava portando nella direzione del parco dopo averlo prelevato dalle casse del parco faunistico. Ad agire, quella domenica di settembre di tre anni fa, furono due rapinatori con il volto coperto e armati di pistole semiautomatiche. Fu una rapina studiata a tavolino. I rapinatori conoscevano gli spostamenti dell’addetto a ritirare gli incassi dalle casse e sapevano come dileguarsi dopo il colpo senza dare nell’occhio.
A fare da «palo» ai due autori della rapina, sorvegliando le strade di accesso allo Zoo, fu una coppia di Locorotondo. Ci fu un imprevisto - l’arrivo in zona delle pattuglie dei carabinieri - e fu necessario l’intervento di una donna, quella che è poi stata raggiunta da provvedimento cautelare di obbligo di dimora, per recuperare i due autori del colpo dal bosco che circonda il parco faunistico. In tutto, dunque, gli indagati sono cinque. A loro viene contestata, a vario titolo, la detenzione illegale di armi da sparo e il concorso in rapina pluriaggravata.