La protesta
Brindisi, medici del 118 in rivolta: «Se l’Asl non ci viene incontro, ci dimetteremo in massa»
Ben 32 unità in meno negli ultimi due anni e condizioni di lavoro considerate offensive della propria dignità di lavoratori
Esplode la protesta dei medici del 118 di Brindisi che minacciano di dimettersi in massa per le molteplici problematiche rimaste sistematicamente irrisolte, malgrado i ripetuti solleciti.
“La già nota carenza di medici del 118 di Brindisi (32 unità hanno abbandonato il servizio negli ultimi 2 anni) - affermano in un documento unitario - rischia di aggravarsi ulteriormente nei prossimi giorni: i medici, pronti alle dimissioni di massa, hanno chiesto un incontro urgente con il nuovo Direttore Generale, dott. Roseto, e disponibile al dialogo, affinché si prendano provvedimenti immediati che consentano a tali professionisti di raggiungere condizioni lavorative che garantiscano dignità e tutele nello svolgimento delle loro funzioni, essenziali per la vita delle persone. Siamo medici con un contratto in convenzione con la Asl (già privo di per sé di un adeguato trattamento economico, del riconoscimento dei vari rischi a cui quotidianamente vanno incontro e delle rispettive tutele) e assolviamo i nostri compiti al pari dei colleghi ospedalieri. A differenza loro, svolgiamo turni gratuiti di reperibilità, non abbiamo congedi parentali o per la formazione, non abbiamo diritto allo studio e quindi nessuna possibilità di crescita professionale, non abbiamo tredicesima, nessun Tfr e una misera retribuzione di malattie e infortuni tramite un’assicurazione e l’Enpam”.
Dopo una paziente attesa, ora sono stanchi e minacciano drastiche conseguenze: “Basta con l’indifferenza che questa Asl ha dimostrato nei nostri confronti per anni - evidenziano ancora -. Nonostante le ripetute richieste di incontri, inoltrate dalle varie sigle sindacali a cui sono iscritti, i precedenti Direttori Generali non hanno mai risposto. Durante la pandemia legata al Covid siamo stati tra i pochi medici a non interrompere l’attività, lavorando in condizioni critiche e garantendo assistenza ai pazienti a domicilio. Alcuni di noi si sono ammalati, hanno contagiato i propri cari, ma poi... nessun riconoscimento. Anche per i nostri figli nessuna considerazione, visto che lo Stato non li ha ritenuti degni di avere il supporto economico, riservato ad altre categorie, per sostenere le spese della baby-sitter mentre rimanevano bloccati per ore in ambulanza, spesso oltre l’orario di servizio. E da raccontare ci sarebbe tanto altro”.
Quindi, la formale diffida...: “Se non avremo un riscontro positivo in brevissimo tempo dalla Direzione Generale di questa Asl, valuteremo l’ipotesi di dimetterci dal 118 per intraprendere altre attività che diano dignità alla nostra professione”.