Economia

Brindisi, deposito di gas e rigassificatore tornano a dividere

Angelo Sconosciuto

Il nodo cruciale di ogni progetto energetico è sempre quello dei tempi di rilascio delle autorizzazioni

BRINDISI - Su una cosa bisogna essere chiari, il deposito di gas del quale si discute in queste ore non è il rigassificatore, la cui storia brindisina torna in auge, pur essa in questi frangenti, spinta anche dai tanti problemi legati ai nuovi orizzonti che si vanno delineando per gli approvvigionamenti di fonti energetiche. Nel nugolo di commenti e di prese di posizione e di ammonimenti, è stato il Forum Ambiente Salute e Sviluppo a ricordare che il rigassificatore era «per un totale 320.000 mc di Gnl», mentre il «deposito Edison a Costa Morena, se si farà, ne stoccherà quasi 20.000».


Uno dei punti è - tuttavia - quello evidenziato nelle scorse ore dal Presidente della Commissione Bilancio della Regione, Fabiano Amati: «Non ci sono eccezioni tecniche, l’intesa della Regione è atto vincolato». «Alla Giunta regionale non sono pervenute eccezioni tecniche da parte delle sezioni interessate sulla realizzazione del serbatoio di Gnl nel porto di Brindisi. Ne deriva che l’intesa è un atto con natura vincolata, da emanarsi secondo le previsioni di legge in materia d’insediamenti energetici», ha spiegato e quindi ha aggiunto: «È un primo piccolo passo per combattere con tecnologie ambientali la deindustrializzazione, ossia la piaga più purulenta della povera gente. Mi pare possa ritenersi chiuso il dibattito pubblico, a tratti pure infuocato, sviluppatosi attorno alla realizzazione del serbatoio Gnl nel Porto di Brindisi», ha chiosato, riconoscendo «che pure le posizioni meramente ideologiche, polemiche e politiche, anche se qualche volta inutilmente offensive, ci hanno offerto l’opportunità di spiegare che solo esercitando il dovere di produrre ricchezza si ampliano i diritti. Lo schema del no-a-tutto è un potente generatore di disuguaglianze - ha osservato - e oggi rischia di assumere le caratteristiche di un delitto politico perché le tecnologie di produzione sono finalmente accordate con il contenimento dell’impatto ambientale o per la messa al bando di tutti gli agenti inquinanti. Viviamo tempi in cui l’unica vera risorsa che esiste in natura, il cervello umano, è in grado di indirizzare le materie prime verso un uso in grado di migliorare la qualità della vita senza dover sopportare residui aggressivi nei confronti della vita stessa».


La chiusura del discorso era sullo sguardo di simpatia verso l’industria, ivi compresa quella turistica. E se può considerarsi chiusa la vicenda «deposito gas», torna in auge quella sul rigassificatore. C’è chi l’ha considerata un’occasione persa; chi la bolla come «una scelta immotivata ieri come oggi» e chi parla de «la storia che non si vuole ricordare», ricordando più che la vicenda politico-economica, la degenerazione giudiziaria che l’ha caratterizzata. Comunque si guardi la vicenda energetica, lo snodo resta quello delle autorizzazioni e su questo deve interrogarsi la politica come la società civile, ammesso che siano due entità separate: la celerità nel rispetto delle norme è tutto. Una lentezza nella valutazione del progetto dice innanzi tutto che al momento della realizzazione quelle carte valgono poco o nulla. Sono la congiuntura ed il progresso vorticoso di scienza e tecnologia ad imporre tempi rapidi. I ritardi - dolosi o colposi che siano - non solo penalizzano, ma mettono fuori da qualsiasi prospettiva. Quando il primo gennaio del 1900 fu promulgato il codice civile tedesco si disse che era perfettissimo da un punto di vista della tecnica, ma chi doveva praticarlo nelle aule di giustizia evidenziò subito che era nato già vecchio. Un’autorizzazione data tardi è esempio di denegata giustizia. Giustizia sociale, ben intesi.

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