Omicidio Ferrarese

Brindisi, contrabbandiere ucciso: scarcerato l’ex capo della Mobile Antonacci

Piero Argentiero

Finirà di scontare la condanna in affidamento ai Servizi sociali

È stato scarcerato Piero Antonacci, vice questore, condannato a quindici anni e dieci mesi di carcere per avere ucciso, nel corso di una operazione anticontrabbando (era la notte del 14 luglio del 1995), Vito Ferrarese, contrabbandiere brindisino. L’ex funzionario di polizia ( al quale fu concessa una parziale grazia dal Presidente della Repubblica, Mattarella) ha lasciato il carcere militare di Santa Maria Capua Vetere, dove spontaneamente si era presentato quattro anni or sono, subito dopo l’ennesima pronuncia dei giudici di Cassazione (la definitiva), prima ancora che venisse disposto ed emesso il provvedimento di carcerazione.

Il beneficio è stato concesso dal giudice di sorveglianza, su istanza degli avvocati Carmelo e Silvio Molfetta, sulla base della condotta esemplare di Antonacci nell’istituto di pena, e anche in occasione delle licenze premio avute nel corso dei quattro anni trascorsi da recluso. A questa valutazione positiva si è aggiunto un altro elemento, la carriera costellata di encomi, che ha convinto i giudici a ridare la libertà all’ex dirigente della Squadra mobile di Brindisi e successivamente capo di gabinetto della stessa Questura. Unico vincolo per Antonacci sarà l’affidamento ai Servizi sociali sino a completamento della pena, vale a dire il 2021. Lavoro che svolgerà a Mesagne presso l’Isbem. C’è da aggiungere che lo scorso febbraio il capo dello Stato Sergio Mattarella, aveva concesso la grazia parziale ad Antonacci, cancellando dalla sua pena cinque anni e dieci mesi. Inoltre gli erano stati decurtati altri tre anni per indulto.

L’inchiesta giudiziaria che fece seguito agli eventi della notte del 14 luglio 1995, assestò un colpo feroce alla credibilità della questura di Brindisi, in quegli anni impegnata nella vera e propria guerra al contrabbando di sigarette, passato dalle mani di singoli trafficanti in quelle lordate di sangue della Sacra corona unita. Un contrasto al crimine che aveva visto Pietro Antonacci in prima linea, tanto da essergli riconosciuta una medaglia al valore.

Al vertice della questura c’era Franco Forleo, brindisino di origine, un carriera brillante in polizia, uno dei fondatori del sindacato di polizia Siulp, parlamentare indipendente candidato e sostenuto dal Pci. Antonacci era il dirigente della Squadra mobile. L’ispettore Pasquale Filomena il capo della Sezione catturandi. Le loro imprese, quasi delle gesta epiche nel contrastare la criminalità, erano il pasto quotidiano per noi cronisti di «nera» e «giudiziaria». All’improvviso tutto crollò sotto l’onta del tradimento delle istituzioni.

Forleo, sulla spinta dei successi conseguiti da questore di Brindisi, era stato nominato questore di Milano. E la mattina del suo arresto si trovava nel suo ufficio della questura del capoluogo lombardo. Vennero arrestati nel corso delle indagini anche Antonacci, un altro vice questore, l’ispettore Filomena, altri ispettori e poliziotti. Venne fuori un verminaio. Oltre alla falsa sparatoria con Ferrarese, armi e sigarette sequestrate che sparivano, un falso attentato, coperture a latitanti, prove false costruite a tavolino.

Secondo i verbali della polizia in quei giorni di luglio in questura era arrivata una nota dei Servizi, che annunciava lo sbarco sulla costa di Brindisi, di armi portate su uno scafo dal Montenegro, per compiere un attentato a un poliziotto. La questura si mobilitò. Il mare venne controllato oltre che da pattuglie su motovedette anche da un elicottero, a bordo del quale c’erano Forleo, Antonacci e altri. Si sparò e Ferrarese venne ammazzato. Sullo scafo non solo non vi erano armi trasportate, ma Ferrarese non ne aveva una sua e non aveva sparato. Per cui non vi era stato conflitto, ma una scarica di colpi d’arma da fuoco e di bombe a mano da bordo dell’elicottero.

Una prima inchiesta della Procura di Brindisi finì con l’archiviazione. I parenti di Ferrarese non si arresero, volevano la verità. Un nuovo fascicolo venne affidato all’attuale Procuratore di Lecce, Leonardo Leone de Castris, all’epoca in servizio nella Procura di Brindisi. La verità cominciò ad emergere. Subito dopo la morte di Ferrarese sullo scafo venne nascosta una mitraglietta che i poliziotti della «Catturandi» avevano sequestrato nel corso di un’altra operazione, senza un atto ufficiale. Scattarono gli arresti di due poliziotti, uno dei quali cominciò a collaborare. I processi si chiusero con varie condanne. Filomena di anni di carcere ne ricevette nove. Il suo conto con la giustizia è chiuso da tempo. Nel secondo appello su Forleo (morto un anno fa) i magistrati avevano chiesto per lui 14 anni e 4 mesi: ma la sua posizione fu stralciata perché una perizia riscontrò un “declino cognitivo grave e irreversibile”. Antonacci, dopo vari giudizi, con annullamenti e rinvii vari, venne condannato per omicidio volontario.

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