La Minox

Minervino Murge, chiusa azienda di contenitori in acciaio inox: il paese si mobilita per gli operai rimasti senza stipendio

«Perdere il lavoro a 63 anni significa essere giovani per la pensione e vecchi per un nuovo inizio lavorativo. È un dramma»

«Perdere il lavoro a 63 anni significa essere giovani per la pensione e vecchi per un nuovo inizio lavorativo. È un dramma». Antonio è di Minervino Murge, comune del nord Barese, e guarda con dispiacere la fabbrica che fino alla scorsa settimana è stata come una seconda casa e che ora rischia di non riaprire più. La Minox ha prodotto contenitori in acciaio inox per alimenti fino a pochi giorni fa, quando una sentenza emessa dal Tribunale di Lamezia Terme, dove c'è un’altra filiale aziendale, ne ha decretato la chiusura. Una produzione ininterrotta per 30 anni poi, lo scorso 18 maggio, ci ha pensato una sentenza di fallimento a far scattare l’esercizio provvisorio che il 20 giugno scorso è sfociato in una ingiunzione di licenziamento. E così con le braccia incrociate sono rimasti 25 operai in Puglia altri 12 in Calabria. Tutti accomunati dalle stesse preoccupazioni e paure per il futuro.

«Ti senti come violentato in tutto quello che hai fatto. Perdi l’autostima che hai creato proprio lavorando», spiega Vincenzo Copeta che dei colleghi è diventato il portavoce. «Oggi sono in presidio davanti al tribunale anche gli operai di Lamezia», dice mentre scarta un vassoio. Perché a Minervino il paese si è mobilitato per stare accanto ai lavoratori: oggi alle 14 ci sarà una manifestazione spontanea con i cittadini, le associazioni e le parrocchie che raggiungeranno il presidio. "C'è chi ci porta la colazione al mattino, chi focacce e pizze durante la giornata e chi, come questa fabbrica di fronte alla nostra, oggi ha deciso di prepararci il pranzo», riferisce Vincenzo che si ferma e dice: «È paradossale che un tribunale ci lasci a casa. Lo Stato dov'è?».
Gli operai stanno presidiando l’azienda giorno e notte: non vogliono rassegnarsi all’idea che tutto finisca. Perché su quelle macchine hanno costruito famiglie e sogni. Mai un problema, ma uno stipendio saltato, mai una frizione con la proprietà al punto da non aver bisogno di una rappresentanza sindacale. «Noi restiamo qui e combatteremo fino all’ultimo per cercare di salvare l’attività», sentenzia Vincenzo mentre Sabino sistema un materasso nella tenda sistemata davanti ai cancelli. "È la mia casa da tre giorni e lo resterà- promette- fino a quando non si risolverà la vertenza».

IL PRESIDIO CONTINUA

«Aspettiamo qui, davanti ai cancelli della nostra fabbrica. Attendiamo che la curatela giudiziaria vagli la proposta di fitto di azienda fatta dalla proprietà. Entro mercoledì dovrebbe arrivare una risposta, vedremo». Vincenzo Copeta è diventato il portavoce dei colleghi che con lui dallo scorso giugno si sono armati di materassi, bibite e gazebo utili a presidiare la sede della Minox di Minervino Murge, nel nord Barese. La ditta ha prodotto contenitori in acciaio inox per alimenti fino a quando una sentenza emessa dal Tribunale di Lamezia Terme, dove c'è un’altra filiale aziendale, ne ha decretato la chiusura. Una produzione ininterrotta per 30 anni poi, lo scorso 18 maggio, ci ha pensato una sentenza di fallimento a far scattare l’esercizio provvisorio che il 20 giugno scorso è sfociato in una ingiunzione di licenziamento. E così, con le braccia incrociate, sono rimasti 25 operai in Puglia e altri 12 in Calabria. «Lo stipendio di giugno doveva essere accreditato entro il 10 luglio e invece non è successo: un atto contrario alla legge che prevede il pagamento delle mensilità anche in caso di esercizio provvisorio. I soldi ci sono, i conti aziendali che non sono in rosso. Chiediamo alla curatela e alla giudice delegata il pagamento degli stipendi non solo perché lo prevede la legge ma perché è una questione di dignità: non si possono lasciare famiglie monoreddito senza alcuna tutela». Intanto venerdì prossimo è previsto un incontro nella sede della Regione Puglia. "Dovremo discutere della cassa integrazione da far scattare da luglio», aggiunge Vincenzo mentre il paese continua a dimostrare vicinanza agli operai: c'è chi porta caffè e brioche al mattino, chi passa per un semplice saluto e chi offre pizza e focaccia. "Non possiamo mollare - conclude Vincenzo - non possiamo rassegnarci all’idea di perdere il lavoro».

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