la sentenza
Trani, «Carta docente» a prof. supplente: «Il Ministero paghi quattro anni negati»
Una insegnante precaria si è rivolta prima al giudice del lavoro e poi al tar per ottenere i 2mila euro del bonus
TRANI - Per quattro anni, dal 2019 al 2023, ha fatto la supplente in una scuola della provincia BAT ma per vedersi riconosciuto il diritto ad ottenere la «Carta del Docente», cioè il bonus annuale da 500 euro che i professori hanno per acquistare libri e riviste, ingressi nei musei, biglietti per eventi culturali, teatro e cinema, è stata costretta a rivolgersi ai giudici. E anche quando - ad aprile 2024 - il Tribunale di Trani le ha dato ragione, condannato il Ministero dell’Istruzione e del Merito a pagarle in un’unica soluzione le quattro annualità, quindi 2mila euro in totale, l’amministrazione non ha versato il dovuto. Così la docente alcuni mesi dopo ha dovuto avviare un nuovo contenzioso, questa volta davanti al Tar. E ora i giudici hanno ordinato al Ministero di ottemperare a quella sentenza, diventata definitiva quasi un anno fa e non ancora eseguita. Entro sessanta giorni la professoressa dovrà ricevere i 2mila euro che le spettano.
La norma del 2015 nota come «Buona Scuola» aveva previsto l’attribuzione del bonus ai soli docenti di ruolo, a tempo pieno o part-time, con esclusione, quindi, dei precari. Nel ricorso dinanzi al giudice del Lavoro di Trani la professoressa aveva sostenuto che tale disciplina fosse «discriminatoria».
La questione è già stata affrontata da diversi Tribunali, ordinari e amministrativi, e in più gradi di giudizio, arrivando al Consiglio di Stato e alla Cassazione. Tutti i giudici hanno ritenuto la illegittimità della legge statale nella parte in cui esclude i docenti a tempo determinato, i supplenti, dai beneficiari del bonus. I richiami giurisprudenziali e legislativi sono numerosi. Primo fra tutti l’articolo 35 della Costituzione, che «tutela il lavoro in tutte le sue forme ed applicazioni. Cura la formazione e l’elevazione professionale dei lavoratori. Promuove e favorisce gli accordi e le organizzazioni internazionali intesi ad affermare e regolare i diritti del lavoro». Se ciò non bastasse, lo stesso contratto collettivo nazionale dei lavoratori della scuola «attribuisce rilievo centrale alla formazione dei docenti» e riconosce che «la partecipazione ad attività di formazione e di aggiornamento costituisce un diritto per il personale in quanto funzionale alla piena realizzazione e allo sviluppo delle proprie professionalità». A guardare, poi, più nello specifico le clausole relative ai lavoratori a tempo determinato, il contratto evidenzia che «non possono essere trattati in modo meno favorevole dei lavoratori a tempo indeterminato». E poiché la riforma della scuola del 2015 ha introdotto la «Carta del Docente» anche «al fine di sostenere la formazione continua dei docenti e di valorizzarne le competenze professionali», con la possibilità di utilizzare il bonus per «l’acquisto di libri e testi, anche in formato digitale, di pubblicazioni e riviste utili all’aggiornamento professionale, per l’acquisto di hardware e software, per l’iscrizione a corsi per attività di aggiornamento e di qualificazione delle competenze professionali, a corsi di laurea, e master universitari, per rappresentazioni teatrali e cinematografiche, per l’ingresso a musei, mostre ed eventi culturali e spettacoli dal vivo», questo beneficio va garantito anche ai professori precari. I giudici lo hanno riconosciuto chiaramente. Il Ministero, però, ora paghi.