L'operazione

Capi contraffatti «Nasa» made in Bat in tutta Italia: maxi sequestro

Operazione della guardia di finanza di Verbania coordinata dalla Procura di Trani. Sigilli ad oltre 20mila abiti commercializzati senza autorizzazioni

Capi contraffatti dalla Bat a Verbania, sul Lago Maggiore, per incentivare il mercato della contraffazione. Oltre 20mila capi di abbigliamento coi loghi «Nasa» sono stati sequestrati dalla guardia di finanza di Verbania (Piemonte) al termine delle indagini condotte dalla procura di Trani.

La merce, destinata a un megastore con sede centrale a Milano e 35 punti vendita in Lombardia, Emilia Romagna, Veneto, Lazio e Piemonte, è stata sequestrata nella sede pugliese della società e nei negozi. Il sequestro è stato confermato dal tribunale del Riesame, che ha rigettato il ricorso promosso dalla società produttrice. A ricostruire la filiera distributiva i finanzieri sono arrivati con una meticolosa analisi delle fatture di vendita.

I capi, esattamente 21.264, per adulti e bambini, erano stati prodotti e commercializzati senza le necessarie autorizzazioni. e hanno un valore complessivo di circa 380mila euro.

Il legale rappresentante e il direttore commerciale della società produttrice, con sede nella provincia di Barletta-Andria-Trani, sono stati denunciati per i reati di contraffazione, alterazione o uso di marchi o segni distintivi e per introduzione nello Stato e commercio di prodotti con segni falsi.

La procura ipotizza anche il reato di frode nell’esercizio del commercio, poiché l’azienda produttrice avrebbe tratto in inganno la catena distributiva circa la liceità dell’utilizzo dei loghi.

L’indagine era partita da un controllo in un grande magazzino nel Verbano, dove erano stati sequestrati 151 capi non conformi alle norme di legge, prodotti in Puglia.

La società in questione aveva un’autorizzazione preliminare all’utilizzo dei loghi, ma non aveva poi effettuato il processo di approvazione di modifiche apportate per riprodurli su felpe e altri indumenti. 

Le linee guida dell’Agenzia spaziale americana, infatti, prevedono un minuzioso processo di approvazione preventiva che la società produttrice, in realtà, simulava di avere effettuato in fase di ricezione degli ordinativi di acquisto da parte della catena distributiva presente in tutto il nord Italia o, addirittura, dava arbitrario inizio alla produzione sebbene la stessa Nasa l'avesse espressamente vietato in quanto in netto contrasto con le loro linee guida per il merchandising. L’operazione è stata denominata dalla Gdf Interstellar. 

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