L'inchiesta
Andria, le intercettazioni col vigile sotto estorsione: «Tu rimani comunque fregato»
In cinque agli arresti. Durante gli interrogatori tutti gli indagati si sono avvalsi della facoltà di non rispondere
ANDRIA - «A me mai nessun fesso neanche il meglio del meglio...neanche la legge, neanche i giudici mi hanno fatto perdere tutto sto tempo...ti devi muovere! Non fare la faccia del morto! O mi aggiusti la macchina o te ne vai, mi rispondi o no?».
Si tratta solo di uno stralcio della conversazione intercettata fra Oscar Davide Pesce e il vigile urbano di Andria, vittima secondo la procura di un’estorsione da parte del giovane e della sua compagna, Michela Altomare Caldarone, entrambi in carcere da venerdì scorso.
Oltre a loro sono finiti in cella anche Gianluca Pesce, fratello di Oscar Davide, Giuseppe Loconte e Nicolas Nicolamarino, tutti accusati a vario titolo di estorsione tentata e consumata, con l’aggravante delle modalità mafiose.
Secondo gli inquirenti, Davide Pesce e la compagna avrebbero costretto un vigile ad aggiustare loro la macchina dopo aver avuto un incidente con lui. L’agente, in sella alla sua moto, aveva urtato la fiancata dell’auto condotta dalla Caldarone.
Gli animi si scaldano quando si viene a sapere che il poliziotto aveva inviato una lettera a firma del suo avvocato. Così i tre si incontrano nei pressi di un’area di servizio per chiarire la faccenda.
Davide: «tu hai torto...me l’hanno detto gli amici tuoi...che tu mi hai fatto perdere tempo...ti ho detto garbatamente ognuno si guarda il suo e tu hai fatto orecchie da mercante (...) tu non devi fiatare! Perchè sei una merda! Già che hai fatto tutto falso...».
E ancora: « Perchè sei andato a mettere l’avvocato?Com’è sei venuto quel giorno e mi hai detto “no, ti conosco”, e beh? e mo dici che vuoi andare all’avvocato?»
Vigile: « e io infatto l’ho bloccato l’avvocato, ho bloccato tutto...sono venuto qua per sapere che se facevamo il Cid, il cinquanta e cinquanta, nessuno ha l’aumento e ci pagano i danni a tutti e due (...)»
Davide: «Tu cinquanta e cinquanta da me non ne hai! Te lo puoi scordare! Tu mi devi aggiustare la macchina! O metti la legge o mi aggiusti la macchina, vie di mezzo non esistono...vedi che te lo sto dicendo più di una volta (...) e te ne devi andare come a un cornuto!».
E infatti il giorno seguente il vigile chiama la ragazza per dirle che può portare la macchina dal suo carrozziere di fiducia.
«Già mi stai a rompere i coglioni - avrebbe detto Oscar Davide Pesce a colui che doveva effettuare la riparazione, lamentandosi dei tempi di consegna - per niente tutto bene! allora, che ti dovevo dire quel giorno? che sono tizio e caio e in 24 ore mi devi fare la macchina?».
Un’esternazione che a detta del gip sarebbe «sintomatica della consapevolezza da parte dello stesso del timore incusso anche solo dal suo nome, conseguente alla sua appartenenza all’omonimo clan».
Nelle carte dell’inchiesta si fa poi riferimento ad un’altra circostanza, sempre tesa ad avvalorare l’appartenenza del giovane al gruppo criminale.
La mamma della Caldarone dice alla figlia di essere preoccupata per sua parente - dopo aver fatto un sogno - per il rischio che la stessa potesse rimanere uccisa in un eventuale agguato armato ai danni di Davide.
Nel corso dell’interrogatorio di convalida tutti si sono avvalsi della facoltà di non rispondere. Sono difesi dagli avvocati Michele Prieno, Claudio Cioce, Vincenzo Desiderio, Michele Inchingolo e Pierpaolo Matera.