La richiesta
Trani, il carcere femminile è fatiscente: l'Osapp bussa alla porta del sindaco
Chiesto un incontro con Amedeo Bottaro per discutere della situazione del pentenziario, di proprietà comunale, in occasione della visita nelle carceri del prossimo 6 settembre
TRANI - L’Osapp (Organizzazione Sindacale Autonoma Polizia Penitenziaria) chiede di incontrare il sindaco di Trani Amedeo Bottaro per discutere della situazione del carcere femminile di Trani, di proprietà comunale, in occasione della visita nelle carceri del prossimo 6 settembre.
«Lei certamente saprà – scrive nella missiva il segretario regionale dell’Organizzazione Sindacale Autonoma Polizia Penitenziaria, Ruggiero D’Amato – che l struttura versa in condizioni igieniche non conformi alle norme sanitarie e strutturali, in quanto non adatta a ospitare una struttura carceraria al passo con i tempi in senso lato».
La struttura, del 1800, fu inizialmente adibita a monastero dei Benedettini, e poi dei Domenicani.
Nel 1860 divenne il carcere della città di Trani. Da allora nell'immobile ospita un istituto di pena femminile. A dare un’idea delle condizioni in cui versa la struttura è la scheda presente sul sito dell’associazione Antigone, che pubblica un report in seguito ad una visita del 21 marzo 2021. «ll carcere presenta soffitti con volte alte, e una suggestiva cripta al cui interno si svolgono le funzioni religiose. Si tratta però di un carcere ben poco moderno. Il soffitto è interessato da infiltrazioni, umidità, caduta di calcinacci. Non vi sono spazi verdi. I cortili dei passeggi sono vuoti e piccoli. Non ci sono coperture per pioggia, intemperie e sole eccessivamente forte. Le detenute si trovano al primo piano. Le celle possono arrivare ad ospitare 5 detenute. E sono prive di doccia. La pandemia ha accentuato l'isolamento delle ospiti di questa struttura, che non beneficiano di attività di particolare rilievo, a parte il lavoro, che occupa poche di loro».
Attualmente nel penitenziario ci sono circa 45/50 detenute, suddivise in due sezioni: fra queste sono una di loro gode del regime di semilibertà, rientrando solo per la sera.
«Quell’istituto dovrebbe essere chiuso per motivi di igiene e profilassi – tuona ancora D’Amato – dall’apertura non somo mai stati fatti interventi strutturali di adeguatezza ai tempi. Ci sono problemi di sicurezza molto seri. Basti pensare che lo scorso anno, quando un collega è stato colpito da infarto, sono dovuti intervenire i vigili del fuoco perché non c’è possibilità di accesso se non si apre dall’interno». E ancora: «C’è un’alta percentuale di insorgenza di patologie tumorali, tanto fra le detenute quanto fra gli agenti: chiediamo che venga data la possibilità di verificare l’eventuale presenza di materiali o sostanze nocive per la salute, alla luce del mancato ammodernamento».
«La nostra non è una critica fine a se stessa – prosegue ancora il segretario regionale – abbiamo delle proposte che speriamo vengano prese in considerazione. Alla luce di quanto detto la popolaziolazione detentiva femminile potrebbe essere trasferita nel carcere maschile, dove c’è una struttura in fase di ristrutturazione: l’ex monastero può essere adibito a struttura di recupero sociale, oppure destinato ad ospitare le persone in semilibertà».