L'attività
Da Canosa in tutta Italia una banda impegnata in scavi clandestini e traffico di reperti archeologici: 16 arresti, 51 indagati
Una maxioperazione in ambito nazionale partita dalla Bat, impegnati 300 carabinieri. Decine di perquisizioni
BAT - Scacco al traffico di reperti archeologici in Puglia. Sono stati eseguiti nella prima mattinata di oggi dai Carabinieri per la Tutela del Patrimonio Culturale, in collaborazione con il Ros di Roma, e con lo Squadrone eliportato «Cacciatori Puglia», 21 provvedimenti restrittivi e decine di perquisizioni, nei confronti di soggetti appartenenti a una banda dedita a scavi clandestini, ricettazione e illecita commercializzazione, in ambito nazionale ed internazionale, di importantissimi reperti archeologici, di valore storico culturale inestimabile e commerciale ingente.
L’operazione, scaturita dagli esiti di una complessa ed articolata indagine coordinata dalla Procura della Repubblica di Trani e svolta dai Carabinieri dell’Arte di Bari, ha complessivamente impegnato più di 300 militari dell’Arma.
Sedici i provvedimenti cautelari scattati fra Puglia, Basilicata, Campania, Lazio e Abruzzo che hanno portato all’arresto di 16 persone e alla esecuzione di cinque misure tra obblighi di dimora e firma. L'operazione ha portato in carcere Carmine Crispino, originario di Cimitile (Napoli), Paolo Treviso di Ordona (Foggia), Antonio Tarantino di Canosa di Puglia (Barletta-Andria-Trani) e Paolo Carella di Lavello (Potenza), altri 12 sono ai domiciliari e cinque sono stati sottoposti a obblighi di firma e dimora.
Gli indagati sono considerati componenti di una associazione specializzata nel recupero e traffico di reperti archeologici. Sono accusati, a vario titolo, di scavi clandestini, ricettazione e illecita commercializzazione - nazionale e internazionale - di reperti archeologici di valore sia storico-culturale sia commerciale inestimabile.
L’inchiesta, coordinata dalla Procura di Trani, è stata chiamata «Canusium» dall’antico nome di Canosa di Puglia, comune della provincia di Barletta - Andria - Trani in cui è stata individuata la base operativa del gruppo. Le indagini sono durate quasi un anno e sono iniziate nel corso di una attività di prevenzione e contrasto alla criminalità svolta con sorvoli aerei che hanno permesso di rilevare, all’interno di aree archeologiche, irregolarità. I successivi accertamenti investigativi hanno confermato la presenza di scavi clandestini e il traffico illegale di reperti.
51 INDAGATI IN TUTTO
Sono complessivamente 51 gli indagati nell’indagine «Canusium». Il gruppo, secondo gli investigatori, aveva dei tombaroli che si occupavano di scavi illeciti e ricettatori - della zona e di aree diverse dalla Puglia - che con l’aiuto di trafficanti di reperti archeologici piazzavano vasi e monete su mercati clandestini internazionali e nazionali. In questo modo gli indagati avrebbero avviato un «fiorente canale commerciale di monete archeologiche» che dalla Puglia e Campania «venivano cedute dai vari ricettatori ai diversi trafficanti internazionali» che le immettevano sul mercato illecito globale attraverso case d’asta estere».
LA PROCURA: «SOTTOSUOLO DEPREDATO»
Nel corso dell’attività investigativa sono stati recuperati 3.586 reperti. Si tratta di monete, monili, brocche, crateri a campana, skyphos, kantharos, lucerne e fusi in ceramica di periodi storici differenti. Ci sono infatti monete del periodo romano repubblicano (III-II secolo avanti Cristo), imperiale (I secolo avanti Cristo) e alcune del IV secolo avanti Cristo.
«Sono reperti con caratteristiche di rarità e pregio», ha evidenziato il magistrato della procura di Trani Francesco Tosto che ha coordinato le indagini dei carabinieri. «Lo sfruttamento di questi beni, il traffico, la circolazione illecita di questi tesori, il disvelamento di un autentico mercato sotterraneo di beni archeologici, specie di quelli numismatici, è un fenomeno che porta con sé un valore economico particolarmente rilevante», ha continuato il magistrato evidenziando che il fenomeno «è forse percepito di più oltre i confini nazionali ma innegabile».
«La circolazione illegale di vasi e monete crea una sorta di economia parallela - ha aggiunto Tosto - grazie a una struttura piramidale che si poggia sui tombaroli affiancati da ricettatori sempre più raffinati, fino ad arrivare a chi consente l’ingresso dei reperti nei circuiti di diffusione che ne rende difficile il recupero». «Il territorio di Canosa, fonte di approvvigionamento dei beni, è stato il focus iniziale delle indagini ed è ricchissimo dal punto di vista storico e archeologico e la tutela deve essere un valore assolutamente preminente - ha spiegato Tosto - il depauperamento che questi fenomeni comportano incide sulla memoria collettiva e storica, ma anche sulla possibilità di valorizzazione economica e sulla fruizione di questi beni».
Le perquisizioni, oltre 50, sono state eseguite in più comuni di Abruzzo, Basilicata, Campania, Lazio e Puglia. Per le indagini è stata - viene spiegato - di «fondamentale importanza la consultazione della banca dati dei beni culturali illecitamente sottratti» del ministero della Cultura, in via esclusiva gestita, alimentata e sviluppata sul piano tecnologico dai Carabinieri dell’Arte» in cui sono conservati più di 1,3 milioni di file relativi a opere da ricercare.
«A essere depredato è stato il sottosuolo di Canosa che è un sorta museo di valore inestimabile. E i tombaroli lo sanno», ha detto il capo della procura di Trani, Renato Nitti.
Nella corposa ordinanza firmata dal gip del Tribunale di Trani, Ivan Barlafante, vengono ricostruite le modalità con cui il gruppo «con una organizzazione piramidale» era solito muoversi. «Alla base ci sono i tombaroli che individuano la zona in cui scavare e recuperare i reperti tra cui preziose monete in oro il cui valore si aggira attorno ai 50-60mila euro», ha puntualizzato Nitti aggiungendo che «c'è poi un doppio livello di ricettatori: il primo ha contatto diretto coi tombaroli, il secondo con i trafficanti internazionali».
REPERTI DAL VALORE INCOMMENSURABILE
Dei reperti recuperati e sequestrati «è impossibile stimare il valore perché incommensurabile», ha evidenziato il comandante del nucleo di tutela del patrimonio culturale dei carabinieri Giovanni Di Bella. «La premessa è la straordinarietà del territorio, specie di Canosa - ha continuato il procuratore - Canusium, dal punto di vista storico, rappresentava un momento straordinario perché per un certo periodo è stato il centro romano di maggiore importanza, è stato il capoluogo di Apulia et Calabria quindi di quella che corrisponde oggi alla Puglia. Questo aspetto, unito alla morfologia del territorio, ha permesso di realizzare nel sottosuolo di Canosa un museo non ancora scoperto dove c'è una quantità di reperti straordinaria che la realtà canosina e la sovrintendenza hanno consentito solo in parte oggi di valorizzare e che, purtroppo, sarebbe costantemente depredata se non ci fosse lo sforzo dei carabinieri del nucleo tutela del patrimonio».
UNA MONETA VALE FINO A 60MILA EURO
«Il territorio di Canosa è fondamentale, molto importante ed è da tempo saccheggiato. Per questa operazione abbiamo impiegato anche i Cacciatori di Puglia che sono specializzati nella ricerca di latitanti perché, in fin dei conti, i beni culturali saccheggiati sono latitanti della cultura, sono dei ricercati particolari: della cultura». Lo ha detto il tenente colonnello Andrea Ilari, comandante del gruppo tutela patrimonio culturale di Roma con competenze per il Centro e il Sud Italia nel corso della conferenza stampa che si è svolta a Trani e relativa all’operazione Canusium contro il traffico illecito di reperti archeologici.
Gli indagati «nulla hanno di scienza, ricerca e studio della materia archeologica», ha continuato Ilari evidenziando che «banalmente qua l’arte non c'è, ci sono solo i soldi. E c'è un territorio che di fatto è stato saccheggiato e depredato». «Abbiamo trovato migliaia di monete in bronzo, argento, oro che hanno valori che vanno dai 15mila ai 60mila euro ciascuna - ha continuato il comandante - stiamo parlando di filiere di predoni rapaci che ci fanno i soldi. E che hanno una percezione generalizzata di essere di fronte a un reato minore: non è così. Visto anche l’inasprimento della legge che ha finalmente reso più dure le pene».
CONTRASTO A HOLDING CRIMINALE
«Questa operazione dimostra che il nostro territorio custodisce tanti tesori. Tesori, preda di tombaroli, ricettatori e broker internazionali, che spesso finiscono all’estero. Il contrasto di questa holding criminale, che qualcuno chiama la mafia dell’arte, è il nostro impegno costante».
Lo ha detto il generale di brigata Vincenzo Molinese, comandante del nucleo tutela del patrimonio culturale dei carabinieri. L’indagine dimostra - secondo il generale - che il fenomeno legato al traffico illecito di reperti archeologici «è vivo e molto attivo e recuperare dall’estero quanto è stato trafugato è un’attività impegnativa che svolgiamo con la magistratura competente, con i magistrati che fanno parte delle strutture giudiziarie internazionali e con la componente diplomatica del ministero della Cultura, che è fondamentale per riottenere quanto è nostro e che ci è stato depredato».
IL PLAUSO DEL MINISTRO SANGIULIANO
«Complimenti ai Carabinieri del Comando per la Tutela del Patrimonio Culturale per la brillante operazione contro un’organizzazione criminale di tombaroli, ricettatori e trafficanti internazionali di reperti archeologici. La Banca dati dei beni culturali illecitamente sottratti del ministero della Cultura - ha detto il Ministro della cultura, Gennaro Sangiuliano - il database più grande al mondo nel suo genere, con oltre 1,3 milioni di files relativi a opere da ricercare, gestita in via esclusiva, alimentata e sviluppata sul piano tecnologico dai Carabinieri del Tpc, si è rivelata ancora una volta uno strumento di fondamentale importanza ai fini investigativi».
FONTANA: CANOSA NON È TERRA DI PREDONI
«Canosa di Puglia non è terra di predoni. Lo Stato c'è ed è presente: lo ha dimostrato oggi l'operazione 'Canosium'. Da cittadino di Canosa di Puglia e da imprenditore devo ringraziare lo Stato per questa azione di difesa della ricchezza archeologica del territorio, che non serve solo alla tutela della memoria storico-artistica ma anche alla crescita del turismo e dell’economia del paese». Lo dichiara in una nota il presidente di Confindustria Bari e Bat e della Fondazione archeologica canosina, Sergio Fontana, commentando i 16 arresti dell’operazione contro il traffico illecito di reperti archeologici.
«Lo Stato c'è e tutela le nostre ricchezze - aggiunge - sono felicissimo che le forze dell’ordine abbiano colpito in modo così deciso l’azione predatoria dei trafficanti di reperti archeologici a danno della città di Canosa di Puglia, sito preziosissimo per l’archeologia del nostro paese».