Il processo

Canosa, «Fu lui ad uccidere Vassalli»: nuovo ergastolo per Piscitelli

Linda Cappello

Ieri il verdetto della Corte d’Assise d’Appello. Ribaltata la sentenza di assoluzione

CANOSA DI PUGLIA - Carcere a vita per Saverio Piscitelli, il 72enne di Canosa, accusato dell’omicidio di Sabino Vassalli, l’agricoltore 52enne ucciso nel 2016 in un vigneto in Contrada Sant’Antonio.

La condanna all’ergastolo è stata pronunciata ieri pomeriggio dai giudici della Corte d’Assise d’Appello di Bari (presidente Ornella Gozzo, a latere Vito Fanizzi e i giudici popolari), che hanno accolto le richieste del sostituto procuratore generale Carmelo Rizzo. I giudici si sono sostanzialmente allineati al pronunciamento della Corte di Cassazione, che aveva annullato la sentenza di assoluzione ritenendo che i magistrati baresi non avessero opportunamente valorizzato gli elementi indiziari a carico di Piscitelli. Ma la vicenda giudiziaria è tutt’altro che conclusa, come si evince dalle parole dell’avvocato Gian Battista Pavone: «Presenteremo ricorso in Cassazione - annuncia poco dopo la lettura del dispositivo - il mio cliente si è sempre proclamato innocente, in questo processo mancano le prove, l’accusa si basa soltanto su elementi indiziari che non possono essere considerati neanche gravi. Per saperne di più bisognerà attendere il deposito delle motivazioni».

In primo grado l’imputato era stato condannato all’ergastolo, ma poi la Corte d’Assise d’Appello lo aveva assolto. Il colpo di scena arriva quando la Cassazione annulla con rinvio la sentenza d’Appello. I fatti risalgono al 31 ottobre 2016. La vittima viene trovata esanime in aperta campagna, uccisa con due colpi d’arma da fuoco alla nuca e all’addome. L’arma del delitto non è mai stata ritrovata. Dopo circa due settimane i carabinieri arrestano Piscitelli, proprietario di un terreno confinante con quello di Vassalli. Il rapporto fra i due era sempre stato piuttosto conflittuale: il 52enne era succeduto all’imputato nella carica di presidente della comunità irrigua Sant’Antonio, che si occupava dell’amministrazione di un pozzo per la somministrazione di acqua agli agricoltori. E Vassalli aveva poi promosso due azioni giudiziarie nei confronti del suo successore: sia per una presunta distrazione di fondi all’epoca della sua presidenza, sia per il mancato pagamento di somme per l’erogazione dell’acqua.

Fra le prove indiziarie a suo carico, un’intercettazione ambientale in cui il figlio dice: «Dalla macchina hai sparato?».

Nella sua arringa, l’avvocato Pavone ha rimarcato non solo l’assenza di prove, ma anche il fatto che la procura non abbia mai preso in considerazione piste alternative riguardo ai rapporti di Vassalli con altri confinanti.

E ancora, l’arma del delitto non è mai stata ritrovata. Il difensore ha ribadito che i pallini delle cartucce sequestrate a Piscitelli non erano compatibili con quelle trovate nel cadavere.

Ma la Procura valorizza la circostanza che venne recuperato un bossolo calibro 12 - compatibile con quello utilizzato nell’omicidio - in un terreno dove era stato Piscitelli.

Le parti civili erano rappresentate dagli avvocati Giuseppe Dello Russo e Domenico Di Terlizzi.

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