IL CASO
Barletta, via dalla Barsa dopo solo 6 mesi
«Barletta servizi ambientali spa», un licenziamento che imbarazza la politica
BARLETTA - Non sappiamo se della questione si sia discusso durante l’assemblea che lunedì 20 luglio ha dato il via libera (con ritardo, dopo il rinvio chiesto a fine giugno dal sindaco Cannito) al bilancio consuntivo del 2019 della Barletta servizi ambientali, la società di cui è socio unico il Comune di Barletta e che cura il servizio di raccolta rifiuti e global service. Certo è che la vicenda, che forse è entrata, forse non è entrata, nel dibattito assembleare conclusosi con l’approvazione del consuntivo Barsa 2019 (ratificato un attivo 86.182 euro, a fronte di un valore di produzione di 16milioni 413mia euro), è di per sè delicata e mette in evidenza il possibile «corto circuito» che si può innescare nel mondo politico, quando le istituzioni hanno anche un ruolo imprenditoriale, ancorché mediato.
LA VICENDA - I fatti. Il 9 luglio scorso l’amministratore unico della Barletta servizi ambientali, avv. Michele Cianci, firma l’atto di licenziamento senza preavviso e per giusta causa nei confronti di una dipendente entrata in servizio il 2 gennaio di quest’anno. Di cosa è accusata di tanto grave la dipendente, perché far comminare all’azienda una tale sanzione? La lavoratrice è accusata di non aver utilizzato in modo corretto i permessi riconosciutile in base alla legge 104 del 1992, quella per la quale è possibile assistere familiari con handicap gravi o patologie invalidanti.
A sostegno della decisione, l’azienda avrebbe prodotto anche una articolata documentazione redatta da una società di investigazione incaricata dei controlli. E così per Teresa Rita Bufo, a poco più di 6 mesi dall’assunzione a tempo indeterminato, è scattato il licenziamento. Si era classificata all’ottavo posto nel concorso per netturbini, meglio noto come «quello dei laureati e diplomati», conclusosi all’inizio di decembre 2019 e che tanto stupore aveva destato in giro per l’Italia: nove laureati nei primi nove posti, gli altri quattro assunti muniti di diploma di scuola media superiori. Solo «titoli di studio in qualche modo sovradimensionati per le mansioni da svolgere o il presupposto per passare in breve tempo ad altri compitii», secondo la voce insistente pre e post prove previste dalla procedura? «Niente affatto - aveva detto e ripetuto l’amministratore unico Cianci -. Non ci sono scorciatoie: gli assunti svolgeranno il compito di operatore ecologico per il quale hanno concorso e sono stati assunti. Punto».
LE REAZIONI - Teresa Rita è figlia dell’avv. Giuseppe Bufo, consigliere comunale eletto nella lista Cannito. La circostanza non deve aver mancato di creare qualche imbarazzo, se è vero che il 27 settembre 2019, da Palazzo di Città veniva diffusa questa nota: «Abbandono del luogo di lavoro, indebito utilizzo di permessi concessi in virtù della legge 104, uso improprio dei mezzi aziendali. Sono queste le ragioni per cui stamani l’amministratore delegato di Bar.s.a. avvocato Michele Cianci, in qualità di rappresentante legale della società, interamente partecipata dal comune di Barletta, ha presentato un esposto alla Procura di Trani nei confronti di cinque lavoratori ai quali vengono contestati sette episodi di infrazioni perché ne sia valutata l’eventuale portata di reato». E poi: «Sia l’amministratore di Bar.s.a. che il sindaco di Barletta Cosimo Cannito, annunciano che, in un eventuale processo a carico dei suddetti lavoratori, sia Bar.s.a. che il Comune di Barletta si costituiranno parte civile».
Ancora. Un anno prima (era il 26 settembre 2018) di fronte alla presentazione di 11 certificati malattia su 33 dipendenti impegnati nel turno di notte, il sindaco Cannito si era presentato nella caserma dei carabinieri per depositare un esposto ed aveva tuonato così: «È un atto dovuto nei confronti della città, ho semplicemente fatto il mio dovere, rappresentando alla magistratura quanto è accduto». Perché in questa circostanza non si è ancora pronunciato e distrattamente silenti si sono finora dimostrati pure i sindacati?
Intanto, il licenziamento pare sia stato impugnato perché considerato «ritorsivo», mentre le carte, viste le circostanze contestate, sono state oggetto di un esposto. Presentato, stavolta, dall’azienda e non dal suo socio unico.