Sanità

Bat, carenza di medici: in corsia fino a 70 anni? Pro e contro la proposta

Nico Aurora

La Asl non è ancora in emergenza, ma ci sono perplessità

La sanità italiana è alle prese con una grave carenza di medici, la Asl Bt non è ancora in emergenza, ma più di una spia di allarme si accende e l’Ordine provinciale dei medici non nasconde timori e perplessità.
Come è noto, la Conferenza Stato-Regioni ha proposto al Ministro della sanità di assumere specializzandi facendoli affiancare da medici, fino a 70 anni, che ritardino la pensione o restino in servizio su base volontaria.
«È vero, da noi non c’è ancora questa emergenza, ma il processo irreversibile è già iniziato», fa sapere il presidente dell’Ordine dei medici della Bat, Benedetto Del Vecchio, che già recentemente aveva lanciato l’allarme sulle imminenti difficoltà di ricambio della classe medica nel territorio sanitario della Provincia di Barletta-Andria-Trani.

«Assumere giovani specializzandi può essere pericoloso - precisa Del Vecchio -, anche e soprattutto per le difficoltà assicurative che un eventuale errore determinerebbe, poiché la copertura non sarebbe garantita su chi non ha titoli per eseguire determinati interventi o trattamenti. Da anni chiediamo che si cambi la programmazione - ribadisce Del Vecchio -, poiché scarseggiano i nuovi medici e, soprattutto, i nuovi specialisti. Il problema è che sono carenti i finanziamenti, proprio per una miope programmazione politica che scoraggia i giovani. Ciò ha determinato un innalzamento dell’età media nelle nostre strutture sanitarie e, fra 5 o 6 anni, il sistema potrebbe letteralmente collassare».

Quanto alla proposta lanciata dalle Regioni al Ministero della Sanità, la posizione dell’Ordine dei medici e particolarmente guardinga: «Può essere rischioso richiamare un medico pensionato in servizio - dice Del Vecchio -, meno lo sarebbe prolungare il servizio di chi dovrebbe andare in pensione, a patto però che si compiano le dovute verifiche. Di certo, se possono tranquillamente continuare a svolgere l’attività giudiziaria o forense, i settantenni possono farlo anche in ambito sanitario. Questo, però, soltanto per coprire un’emergenza e non per fare da tutor a chi non ha ancora un titolo».
A tale proposito Filippo La Torre, presidente del Collegio italiano dei chirurghi, ieri mattina al Gr1 Rai era stato non meno chiaro: «Il problema è che se noi mettiamo un non specialista - ha dichiarato -, dobbiamo tutorarlo, quindi non abbiamo coperto la casella vacante e questa è una pecetta che non risolve il problema. C’è bisogno di un periodo di formazione, altrimenti diventa di altissimo rischio metterci un giovane non correttamente preparato».

Qualora si dovesse profilare un’emergenza di medici nella nostra Asl, le carenze scatterebbero nei pronti soccorso e nei reparti di ortopedia, urologia, chirurgia e medicina generale. Il riferimento è a strutture ospedaliere, ma anche territoriali come il Presidio territoriale di assistenza di Trani, dove non ci sono reparti di degenza ma si opera quotidianamente, con personale che è sempre dipendente della stessa Asl Bt.

L’Ordine dei medici, peraltro, esprime perplessità anche sulle chiamate con contratto libero professionale: «Diciamo no alla mercificazione della professione - afferma Del Vecchio -, perché i medici vanno fidelizzati e trattenuti più tempo possibile nel territorio in cui svolgono la loro attività professionale, proprio grazie a quel ricambio generazionale che ancora manca e su cui si deve lavorare, ovviamente, con una nuova è più consona programmazione».

A FOGGIA È PIENO DI MEDICI 70ENNI (di Massimo Levantaci) - Medici con più di settant’anni in corsia? Anche se fosse possibile autorizzarli in ferma breve, 2-5 anni, per sopperire alla mancanza di giovani camici bianchi, siamo sicuri che accetterebbero? È quello che si chiedono i direttori generali dell’Asl e degli Ospedali riuniti di Foggia alle prese con un problema che, specie negli ospedali gestiti dall’azienda sanitaria locale, sta assumendo proporzioni incresciose. «Nei nostri ospedali - dice Vito Piazzolla, dg dell’Asl foggiana - abbiamo bisogno soprattutto di specialisti: cardiologi, ortopedici, oculisti, ginecologi e via dicendo. I medici andati in pensione e che svolgono attività libera, cioè quasi tutti, non avrebbero molta convenienza a fare un passo indietro come abbiamo già potuto constatare. Ma io ribalterei la domanda: conviene all’Asl riassumere questo personale? Ed a quale costo? La nostra azienda, con lo stipendio che paga a un medico con quarant’anni di esperienza, coprirebbe gli stipendi di due giovani medici e in più si assicurerebbe un avvenire».

L’incertezza del futuro però è un grande fardello dal quale dipende l’assistenza ospedaliera e la sopravvivenza dei nosocomi di primo livello. Così Piazzolla annuncia i primi drastici provvedimenti:«Stiamo per chiudere le Ortopedie a San Severo e Cerignola, non possiamo fare altrimenti, nessuno risponde ai nostri avvisi pubblici». Tasso di settantenni in servizio molto alto invece al Policlinico, come se la norma fosse in un certo senso già stata varata: «I primari sono quasi tutti vicini ai settanta oppure sono all’ultimo giro di lancetta prima della pensione - spiega il direttore generale Vitangelo Dattoli - la legge prevede che medici e biologi possano restare in servizio fino ai 70 anni di età e con massimo 40 anni di servizio. Non prevediamo al momento rafferme se non in situazioni particolari e su base volontaria. Al momento l’unica disponibilità che ci è stata data è quella del primario di Oculistica, il professor Nicola Delle Noci, che resterà in servizio per un altro anno e senza percepire stipendio (solo rimborso spese: ndr) con un obiettivo settoriale specifico: diagnosi e terapia dei tumori oculari».

Esistono poi alcuni casi per così dire «borderline», medici cioè che vanno in pensione dal pubblico e accettano incarichi nel privato convenzionato. «Avremmo voluto trattenere il direttore della struttura complessa di Anestesia e rianimazione al San Camillo di Manfredonia - dice Piazzolla - ma il medico in questione ha scelto di andare a lavorare a gettone a Casa Sollievo della Sofferenza. In teoria un concorrente del Servizio sanitario nazionale, ma lo dico senza alcuna polemica solo per evidenziare le stranezze di una legge che impedisce alle strutture pubbliche di trattenere medici oltre la soglia della pensione però non fa altrettanto nel settore privato o convenzionato che dir si voglia».

Dall’ospedale di San Giovanni Rotondo ci rispondono di avere lacune proprio tra «anestesisti, medici di chirurgia vascolare e urologi». Ma il punto è che accelerare oggi con i corsi di specializzazione dei giovani medici, come si sta facendo in Puglia (in Capitanata la Regione ha garantito finanziamenti aggiuntivi pari a 19,5 milioni di euro per le scuole di specializzazione), porterà benefici diretti non prima di cinque anni. Un periodo lungo da colmare, come si può ovviare? «Attualmente l’unica legge che affronta il problema è la Madia - dice Vitangelo Dattoli - una norma che consente solo attività di consulenza dei medici in pensione purchè siano trascorsi due anni dall’incarico in servizio». «C’è un grave problema di carenza programmatica in tutto il paese - aggiunge Piazzolla - noi non riusciamo a trovare medici per il Pronto soccorso di Cerignola, senza dubbio un luogo di frontiera, ma posso assicurare che anche nella civilissima Parma è la stessa cosa. Purtroppo il problema di sottovalutazione del turnover c’è stato ai massimi livelli, la coperta è diventata cortissima e ora chiedono a noi di farla bastare».

Privacy Policy Cookie Policy