In scena
Da Irsina a San Pietroburgo: la storia di Pietro Mira detto Petrushkaun, un lucano alla corte degli zar
Quando la zarina rideva con «Pedrillo»
IRSINA - Nell’età dei social media, dei viaggi attraverso i continenti che si consumano sul filo delle ore, sorprendono e incuriosiscono rapporti stretti e importanti tra la Russia del tempo d’oro degli Zar, intorno alla seconda metà del ‘700, e il nostro storico e pittoresco borgo di Irsina. Quali correlazioni e, soprattutto, chi può rappresentare il trait d’union tra due luoghi quanto mai distanti e distinti sotto tanti punti? C’è un personaggio, musicante e teatrante, che per la fama e il potere che raggiunse nella San Pietroburgo dell’epoca, col personaggio che portava in scena, si sarebbe ricavato nientemeno che un posto nel teatro e nella letteratura popolare russa, prestando i suoi lineamenti al personaggio di Petrucha Farnos. Quello che si sarebbe poi trasformato in Petrushka, la maschera più in voga del teatro russo delle marionette. Lui era Pietro Mira, “figlio Gaetano di Monte Peloso” (il nome di Irsina compare solo dal 6 febbraio 1895) dove sarebbe nato nel 1699. Ai più era noto con il diminutivo di Pedrillo, una versione spagnoleggiante del suo nome, provenendo dal vicereame di Napoli e in Russia (vi giunse intorno al 1731) era invece conosciuto col nome di Adamka Pedrillo.
Ai suoi lazzi, frizzi e piroette mentre suonava anche il violino, il suo pubblico non poteva che sbellicarsi dalle risate. Oh sì, ridevano eccome per i suoi umnye, ostrye, zabavnye i smeshnye anekdoty (aneddoti comici, divertenti, arguti ed ingegnosi) i cortigiani di sua maestà imperiale Anna Ivanovna Romanova (1693 – 1740) o Anna Giovannona, come la chiamavano gli italiani. Ve n’erano tanti, artisti su tutti, alla sua corte, nella San Pietroburgo del ‘700. Le relazioni musicali tra Russia e Italia si erano avviate alla fine del ‘600 con l’arrivo a Mosca del castrato Filippo Balatri, inviato a Pietro il Grande dal Granduca di Toscana Cosimo II. Tra gli italiani accolti dalla zarina Anna c’era anche Pedrillo che raggiunse una tale notorietà e importanza da essere promosso nientemeno che attore di corte, come già lo era stato per il re di Polonia Augusto II (col nome di Federico Augusto I, era principe elettore di Sassonia) dove per lo più fu in scena nel ruolo di Pulcinella.
Fu un favorito della Zarina, ma non per fatti d’alcova, pur se la zarina Anna (che era figlia di Ivan V e come tale nipote dello Zar Pietro I “Il Grande”) era alquanto chiacchierata in tal senso, oltre che per le stravaganze che fecero della sua corte una delle più discusse dell’epoca: i cortigiani erano oggetto dei suoi scherzi, così come spesso venivano umiliati e costretti a pratiche vergognose. Di sicuro fu suo uomo di fiducia, in quanto lei gli avrebbe affidato incarichi di particolare delicatezza. Come nel 1734, quando gli chiese di ingaggiare una compagnia di musicisti e attori in Italia, perché la corte potesse acquisire maggior prestigio sulla considerazione, certamente, che se perfino il re di Polonia poteva permetterselo ancor più doveva essere così per l’imperatrice di tutte le Russie.
Nel giro di un anno, la sovrana fu accontentata e si ritrovò nel suo palazzo il compositore napoletano Francesco Araja e scenografi, cantanti e musicisti, ballerini e attori tra i quali Zanetta Farussi, detta la Buranella, la madre del celebre Giacomo Casanova, passato alla storia non per il suo talento al violino quanto come tombeur-de-femmes. Quest’ultimo, nella sua autobiografia, a proposito di Mira ebbe parole dure nei suoi confronti, forse avendone sentito parlare, e di sicuro male, da sua madre.
Il montepelosano accumulò ricchezze nei suoi sette anni passati in Russia, ove riceveva un compenso annuo di 700 rubli; tanto che quando dal suo girovagare per l’Europa ritornò in Italia definitivamente, disponeva della ingentissima somma per l’epoca di ben 20.000 rubli. Morì il 13 settembre 1768, all’età di 69 anni. Non dimenticò mai le sue origini tant’è che a Montepeloso vi soggiornò per diverso tempo.
Come sta facendo emergere dalle nebbie del tempo un gruppo di studio, guidato da Teo Calzone, storico e appassionato animatore culturale irsinese, che insieme alla Proloco del presidente Giacomo Silvano, sta scoprendo ulteriori elementi che, grazie a documenti da incrociare e interpretare, stanno ricostruendo tanti nuovi e importanti elementi. Preziose prove che allargano la riflessione e fanno nascere ulteriori curiosità anche sul resto del territorio lucano, provincia del Regno delle due Sicilie, dove fermenti artistici notevoli e personaggi sono nati e avuto quella formazione iniziale prima di trovare altrove successo e riconoscimenti passando da quella autentica e baricentrica capitale delle cultura europea che fu nel Settecento la città partenopea.
Pensiamo, a mo’ di esempio e tra tutti, al concittadino di Mira, cioè a Giovanni Maria Trabaci (Montepeloso, 1575 – Napoli, 31 dicembre 1647), come pure ai più noti Egidio Romualdo Duni (Matera, 11 febbraio 1708 – Parigi, 11 giugno 1775 ) o di suo fratello maggiore e Antonio Duni (Matera, 1700 – Schwerin, 1766): quest’ultimo fu pure “di casa” in Russia, e probabilmente, chissà, conobbe pure l’artista Pedrillo. Ma questa è un’altra storia.