L'intervista
«Tra meno di ottant’anni mar Ionio lucano più alto di 90 centimetri»
I fiumi sbarrati aumentano l’erosione, il dramma è nelle aree retroportuali. Michele Greco, professore associato della Scuola di ingegneria dell’università della Basilicata, suona il campanello d’allarme
«Fra meno di ottant’ anni, le acque del mar Jonio lucano si innalzeranno di 90 centimetri, con conseguenze evidenti sulla linea di costa»: Michele Greco, professore associato presso la Scuola di ingegneria dell’università della Basilicata, suona il campanello d’allarme, dopo anni di studio su dinamiche erosive e arretramento della costa. Colpa dei cambiamenti climatici e dell’azione dell’uomo, con la realizzazione dei porti e prima ancora delle dighe, sbarrando il corso di quasi tutti i fiumi che sfociano sullo Jonio. Le conseguenze pesano (vedi l’altro articolo in pagina) non solo sulla balneazione e il turismo, ma anche sull’agricoltura di qualità e persino sulle aree protette retrodunali.
Professor Michele Greco, quali sono le cause che determinano l’erosione inarrestabile sullo Jonio lucano?
«Due fattori incidono in modo determinante sulla dinamica erosiva: i cambiamenti climatici globali e la manutenzione dei fiumi con foce nel mar Jonio. Con l’unica eccezione nel Cavone, tutti i fiumi sono regolati da dighe e invasi, che intrappolano i sedimenti togliendo l’apporto vitale alla costa. Quindi il mare continua a fare il suo mestiere, ovvero scaricare la propria energia sulla costa, dove però trova poco materiale a resistergli e inevitabilmente erode la linea esistente».
I due porti realizzati tra Policoro, Marinagri, e Pisticci, Argonauti, vengono additati come ulteriori elementi di criticità. Cosa c’è di scientifico in queste affermazioni?
«I porti non fanno altro che trattenere quei pochi sedimenti che comunque arrivano sulla costa, causandone l’accumulo solo in determinate aree. La spiaggia di Pisticci s’allunga rispetto a quella di Metaponto che arretra sempre di più, perché il porto degli Argonauti fa accumulare solo in quell’area, i sedimenti che invece potrebbero distribuirsi più omogeneamente anche su Metaponto. A Scanzano e Policoro soffrono le spiagge ma anche il bosco Pantano, dove il mare entra producendo danni con la sua salinità. A Nova Siri, invece, si risente l’apporto di sedimenti dei vicini fiumi calabresi, tant’è vero che la spiaggia sta diventando sempre più ciottolosa».
Quali sono le dinamiche della distribuzione dei sedimenti lungo la costa?
«Quelli che provengono dalla Basilicata finiscono tutti nella fossa Bradanica, che qualcuno propone di riempire per limitare questo fenomeno a beneficio delle spiagge, ma sarebbe praticamente impossibile. Poi ci sono quelli calabresi, che si fermano a Nova Siri trasformando la fisionomia stessa della spiaggia».
I cambiamenti climatici globali stanno producendo effetti importanti soprattutto sull’innalzamento delle maree, sono loro i responsabili delle mareggiate sempre più devastanti?
«In questi anni, si sta registrando un innalzamento del livello medio anche sullo Jonio, e si stima che nel 2100 sarà più alto di almeno 80-90 centimetri, con il contestuale cambiamento di intensità delle mareggiate, fatte di onde decisamente più alte, esattamente come avverrà per gli eventi estremi, volgarmente noti come bombe d’acqua, perché la pioggia sarà poca e concentrata in fenomeni intensi».
Seneca diceva che «non si può dirigere il vento, ma si possono orientare le vele», c’è un modo per affrontare queste dinamiche?
«La soluzione a un sistema così complesso non è certo banale ed immediata, perché vanno messe in campo azioni di mitigazione e adattamento, per esempio, installando barriere più evolute ed efficaci di quelle di Metaponto, su tutta la costa. Barriere che, però, vanno manutenute regolarmente, per garantirsi la loro efficacia. Oggi a Metaponto sono state installate solo nella parte centrale e comunque stanno producendo buoni risultati, nonostante la manutenzione inesistente».
Deve cambiare anche la modalità di utilizzo della costa?
«Certo, va realizzato un uso diverso della costa, perché con le barriere si tiene a bada il mare, proteggendo anche le aree agricole a rischio inondazione, come le pinete e le aree Sic e Zps in genere. Serve, perciò, una pianificazione integrata che tenga insieme tutto, persino le unità abitative più vicine al mare. I lidi dovranno essere dislocati dietro il parco dunale, la soluzione certamente non è nel ripascimento costiero perché il mare avanza comunque. Con la Regione Basilicata è necessario costruire gruppi di lavoro, che portino a compimento le soluzioni studiate. Al di là della politica che passa, occorre coinvolgere attivamente i territori nella pianificazione, le comunità locali devono dare il loro apporto anche garantendo la continuità in ciò che si fa. La soluzione non deve essere calata dall’alto insomma».