Il caso

«Orecchiette-gate», a Bari è cambiato tutto in un anno. Nuove regole e legalità in Strada Arco Basso

Davide Lattanzi

Nell’autunno del 2024 è scoppiato lo scandalo, ora già cinque pastaie sono a norma

Il dubbio sulla contaminazione di una tradizione millenaria, un ristorante «improvvisato», i blitz delle televisioni in rapida successione. Accadeva soltanto un anno fa, in strada Arco Basso, il «cuore» di un’usanza millenaria. Chiamarono lo scandalo «Orecchiettegate»: tutto nacque da un video diffuso da un turista che svelò di aver acquistato come fresca pasta evidentemente industriale. Fu come scoperchiare il Vaso di Pandora: le pastaie simbolo di un quartiere finirono nell’occhio del ciclone. Da «attrazione» per i turisti a «simbolo» di un’attività priva di regole.

A fine novembre 2024, l’amministrazione comunale varò un percorso per condurre le artigiane del centro storico verso la legalità. Un passo gigantesco, accolto inizialmente con diffidenza. Previsti, infatti, una serie di adempimenti come il corso teorico per ottenere l’Haccp (della durata di quattro ore) e fornire specifiche indicazioni su come conseguire l’idoneità ad «alimentari domestiche», abbracciando l’home food e ottenendo la licenza per diventare Osa (operatore del settore alimentare). Altro passaggio obbligato riguardava il rispetto di un manuale di autocontrollo su norme igieniche. Tali disposizioni raccomandano l’uso di zanzariere, di piani di lavoro adeguatamente puliti e distanziati, un lavabo adibito a tale opera e dotato di acqua calda e fredda, contenitori di rifiuti differenziati e puliti. Allo stesso modo, il frigorifero dovrà essere organizzato prevedendo ripiani dedicati alla conservazione delle orecchiette in luoghi non contaminabili. Previste anche protezioni per i capelli durante le preparazioni, così come vanno evitati bracciali o monili che entrano in contatto con l’impasto. Da tracciare, infine, i dati su acquisti o vendita dei materiali. E la celebre pratica di impastare le orecchiette all’aperto «ridotta» ad una dimostrazione per i turisti.

In strada «Arco Basso» cinque pastaie hanno subito intrapreso il cammino verso la regolarizzazione. Due di loro oggi hanno messo su autentiche attività commerciali. A cominciare da Nunzia Caputo, la più celebre delle pastaie: la sua arte ha varcato i confini nazionali arrivando in America e persino da Papa Francesco. Ora ha completato ogni adempimento e gestisce una bottega che vende non soltanto pasta fatta a mano, ma anche altri prodotti tipici come conserve (sottolio o sughi), taralli,olio. Sulla stessa strada Marta Amoruso. Entrambe, sono a tutti gli effetti piccole imprenditrici e producono regolarmente scontrini. Altre tre pastaie hanno completato tutta la fase iniziale del percorso e stanno perfezionando alcuni requisiti sul manuale di autocontrollo: proseguiranno la tradizione puntando soprattutto sulla vendita del «fresco».

«In appena un anno abbiamo tenuto fede all’intento iniziale. Ovvero preservare usanze irrinunciabili per la Città Vecchia portandole al contempo in un percorso virtuoso», afferma l’assessore allo Sviluppo Locale, Pietro Petruzzelli. «Abbiamo vinto una comprensibile diffidenza e oggi Strada Arco Basso si presenta in regola senza perdere nulla della sua tipicità. Soprattutto, abbiamo divulgato un messaggio chiaro: le pastaie possono proseguire la loro attività a norma. Noi saremo sempre al loro fianco». Tuttavia, proseguiranno anche tracciamenti e verifiche. «Sappiamo che nei vicoli della città altre artigiane sono interessate al percorso di legalità», prosegue Petruzzelli. «Dobbiamo avvicinarle tutte per evitare che ci sia ancora qualche furbetto e soprattutto per non creare disparità. Pertanto, i controlli continueranno in maniera capillare e continua. Lo sforzo che abbiamo realizzato in così poco tempo deve restare una traccia chiara e non va in alcun modo disperso. Perché siamo riusciti a tramutare una vicenda discussa in tutta Italia e persino all’estero in un vero cambiamento di cui dobbiamo tutti essere orgogliosi».

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