Il caso

Garza nell’addome, medici dell'ospedale San Paolo di Bari assolti: «Dimenticata cinque anni prima»

Isabella Maselli

La pezza era stata lasciata durante un precedente parto cesareo

La garza dimenticata nell’addome di una donna che le avrebbe causato febbre, dolori, una lunga malattia curata con farmaci e, infine, un intervento chirurgico per rimuovere non solo il corpo estraneo ma anche una parte dell’intestino, sarebbe stata lasciata lì nel 2013, cinque anni prima dei sintomi. È il motivo per il quale il Tribunale di Bari ha assolto dal reato di lesioni colpose aggravate i 12 imputati, medici e infermieri dell’ospedale San Paolo, che tra febbraio 2018 e luglio 2019 hanno sottoposto la paziente a parto cesareo e poi l’hanno curata nei mesi successivi.

«La derelizione della garza laparotomica nell’addome della vittima - si legge nella sentenza - non può essere ascritta, in termini di certezza processuale, all’intervento del 2 febbraio 2018, essendo emersa una spiegazione alternativa dei fatti assolutamente plausibile, segnatamente l’abbandono durante il precedente taglio cesareo del gennaio 2013». Di qui l’assoluzione «per non aver commesso il fatto» dei due chirurghi Giuseppe Trentadue e Rosa Decio (avv. De Feo), e i due infermieri Angela De Simine e Antonio Altamura (avv. Laera). Quanto all’operato dei sanitari che avevano avuto in cura la paziente durante il successivo ricovero del marzo 2018, il giudice evidenzia che la donna aveva una infezione «correttamente trattata: era stata dimessa ormai completamente guarita - si legge nella sentenza - e non aveva palesato, per oltre un anno, alcuna problematica. Le algie e l’iperpiressia che avevano comportato tale ricovero, dunque, non erano in alcun modo legate al corpo estraneo, e non sussisteva alcun elemento che imponesse un approfondimento diagnostico per accertarne la presenza». Quindi «il fatto non costituisce reato» secondo il Tribunale per gli altri otto medici imputati: Giovanni Di Vagno (avv. Stefanelli), Rosanna Zaccaro (avv. Vania Cirese), Angela Beatrice Anfossi, Alessandro Savino e Domenico Ostuni (avv. Michele Laforgia), Giovanni Bellofiore (avv. Roberto Eustachio Sisto, Angelo Loizzi e Claudia Lavalle), Saverio Martella (avv. Ettore Gorini), Giuseppe Gozzo (avv. Giuseppe Modesti).

La donna, è stato ricostruito nel corso del processo, si era sottoposta a parti cesarei nel 2006 e nel 2013 e a «sleeve gastrectomy» nel 2015, tutti senza complicanze postoperatorie. Secondo l’accusa iniziale nel corso del terzo parto cesareo di febbraio 2018, la donna era rimasta vittima di abbandono di una garza laparotomica nell’addome, che aveva dato luogo a «gossypiboma», il quale aveva cagionato un lungo periodo di malattia, fino a quanto non era stato rimosso chirurgicamente, il 4 luglio 2019, con asportazione anche dell’ultima ansa ileale e dell’appendice. Il consulente tecnico del pm riteneva che «l’unico intervento indiziato per l’abbandono di garza in addome era quello del 2 febbraio 2018. Sebbene vi fosse la presenza di una checklist attestante la corretta esecuzione, ossia che la conta delle pezze corrispondeva, a suo avviso due erano rimaste attaccate, sfalsando i conti».

Le consulenze di parte, però, hanno convinto i giudici del contrario, anche perché «il tempo di latenza del gossypiboma può essere pari persino a decenni, in quanto il corpo estraneo viene incapsulato dall’organismo e può rimanere senza manifestazioni nocive, fino a quando non viene slatentizzato da un evento che determina reazioni infiammatorie. Ne consegue - dice il Tribunale - che può serenamente escludersi qualsiasi automatismo nel riconoscimento della responsabilità in capo ai sanitari coinvolti nell’intervento più recente, risultando, pertanto, del tutto neutro il dato che, dopo i parti del 2006 e del 2013, non ci fossero state alterazioni. La possibilità che la pezza laparatomica fosse stata dimenticata nel corso del parto del 2013 risulta plausibile quanto, se non di più, rispetto all’ipotesi accusatoria».

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