curiosità
Bari, al quartiere Madonnella la bottega dove è sempre Natale: un maestro artigiano crea presepi da 50 anni
Massimo Briamo: «Le piccole realtà sono destinate a sparire. È difficile essere artisti»
Al numero otto di via Abbrescia, nel cuore del quartiere Madonnella, è Natale tutti i giorni. L’insegna con la scritta «Presepi artistici» è illuminata per tutto l’anno. Un paio di rintocchi di campane, accompagnando la porta che scricchiola, prima di ritrovarsi tra il profumo del muschio e le statuette di tutte le grandezze e le capanne. «Prendiamoci un caffè che ti racconto cosa faccio nella vita». È la voce di Massimo Briamo, settant’anni, artigiano per professione e per passione.
Le mani sono forti e callose. In quel fazzoletto di strada è cresciuto: «Avevo venti anni quando ho deciso di mettermi in proprio e creare e vendere statue e oggettistica per i presepi. Ne realizzo quasi cinquecento all’anno. Un centinaio sono esposti nella mia bottega». Tutti fatti a mano, prediligendo terracotta e materiale riciclabile. Ci sono San Giuseppe e la Madonna, ma anche un Gesù Bambino inserito in una lampadina, i Re Magi in una bottiglia di Birra Peroni e i pastori adagiati in ricci di mare e conchiglie.
Il suo è un mestiere ereditato dal bisnonno, che ha trasmesso di generazione in generazione i segreti per la lavorazione manuale della terracotta. «Mio padre era un imprenditore con l’animo dell’artista. Ha sempre realizzato presepi. Lui però utilizzava la cartapesta. Mi raccontava che io ho cominciato a gattonare nel presepe di famiglia. Questa è una passione che mi porto dietro da sempre. Ho iniziato prima in maniera amatoriale, poi ho capito che questa poteva diventare la mia occupazione e così mi sono messo in proprio».
La natività - nella bottega del maestro Massimo - si esprime in tutte le sue forme. Ci sono statue di ogni dimensioni da un centimetro a sessanta. Create nello stampo o a mano colorate e poi vestite con abiti di stoffa. Ci sono presepi importati da artigiani di tutto il mondo. Ci sono i presepi classici che, precisa, non sono quelli napoletani: «I primi presepi sono stati allestiti da San Francesco a Greccio nel 1200, erano molto semplici, essenziali, con una grotta, una mangiatoia, la Sacra Famiglia riscaldata da un bue e un asino. Con il tempo vennero aggiunti dettagli, personaggi, scene di vita quotidiana di epoche e ambientazioni diverse». E ancora: «La differenza principale, quindi, è che il presepe rappresenta la Natività in un ambiente palestinese e con personaggi legati alla tradizione sacra, mentre il presepe napoletano, ambientato nella Napoli settecentesca, mescola sacro e profano aggiungendo figure popolari, bancarelle di vita quotidiana e simboli della cultura partenopea».
Dalla Palestina, a Napoli sino ad arrivare al Madagascar dove un unico pezzo di legno viene intarsiato con un coltellino sino prendere le sembianze della Natività. Ma c’è anche un pezzo di mondo che soffre. Uno su tutti: la rappresentazione di una Gerusalemme ricca che si contrappone a una Betlemme povera. Al centro c’è il Bambin Gesù a rappresentare ancora una volta la forza della vita. L’artigiano barese ha creato anche un angolo dedicato ai ‘pezzi di ricambio’ dove ci sono piedi, mani o teste già pronte che possono servire a completare le statuine.
La lavorazione è fatta da tempi lunghi e da pazienza. L’argilla va prima modellata a mano o con l’uso di stampi per riprodurre elementi come mani o piedi. Il passo successivo è l’asciugatura, seguita dalla cottura in forni che raggiungono temperature di oltre duecento gradi. Quando il materiale è pronto, il maestro disegna sulle statue volti, espressioni e capelli utilizzando principalmente la pittura acrilica. A volte anche la tempera. «Ormai le piccole realtà sono destinate a sparire. È difficile continuare a “essere artigiani” in un mondo che preferisce la grande distribuzione. Ho la fortuna che i miei clienti continuano ad apprezzare il mio lavoro». I miei figli? «Hanno scelto di fare i ristoratori. Io continuerò a realizzare i miei presepi sino a quando sarà possibile».