La vicenda

Bari, risse e droga davanti al bar dell'Umbertino. Il Tar: «Giusto chiudere il "Piccolo"»

Isabella Maselli

Confermata l'ordinanza del questore che aveva disposto lo stop di 15 giorni nei confronti del locale: «C'è un rischio per la sicurezza dei cittadini»

La sospensione della licenza di un locale è legittima ogni volta che si verifichino «disordini», se l’attività è «ritrovo abituale di persone pregiudicate o pericolose; quando, comunque, costituisca pericolo per l’ordine pubblico, per la moralità pubblica e il buon costume o per la sicurezza dei cittadini». Lo scrive il Tar nella sentenza che, per la prima volta nel merito, boccia il ricorso del Piccolo Bar di via Cognetti, nel cuore della movida del quartiere Umbertino, destinatario a dicembre scorso di un provvedimento di sospensione dell’attività, disposto dalla Questura dopo numerose segnalazioni di risse e disordini dentro e fuori il locale.

Nella sentenza, i giudici amministrativi spiegano che «la sospensione dell’esercizio non ha natura afflittiva e sanzionatoria bensì cautelare e preventiva, in quanto essenzialmente finalizzato a prevenire la consumazione di reati e le turbative dell’ordine e della sicurezza pubblici, senza implicazione soggettiva nei confronti del titolare dell’esercizio». Ha, cioè, un «obiettivo di prevenzione e di tutela anticipata, tale per cui è sufficiente la sussistenza del mero pericolo per la sicurezza pubblica per consentire al Questore l’adozione della misura cautelare». Proprio come in questo caso.

Ecco i fatti. L’11 dicembre scorso è stata disposta la sospensione per due settimane. Qualche giorno dopo il Tar - con un decreto cautelare urgente - aveva bloccato il provvedimento, ritenendo che «i reiterati episodi di risse verificatisi nel bar non sono, di per sé, indicativi del fatto che quel locale sia un ritrovo di pregiudicati, quanto piuttosto del fatto che esso sia ubicato in una zona mal frequentata». Lo stesso Tar, poi, aveva ribaltato la decisione, optando per la chiusura. La questione è arrivata quindi davanti al Consiglio di Stato che ha dato ragione al locale, consentendo al bar di restare aperto, «anche alla luce delle prospettate esigenze di tutela della continuità occupazionale». A seguito di udienza collegiale, però, i giudici romani avevano nuovamente rimescolato le carte, rinviando la decisione al Tar, nel giudizio di merito. Quella decisione adesso è arrivata. E i giudici baresi hanno dato ragione alla Questura, bocciando il ricorso.

«Sono rilevanti le segnalazioni» fornite dai carabinieri alla Questura, dice il Tar, elencandole: tra gennaio e maggio 2024, in differenti fasce orarie di apertura, i militari hanno «accertato che il bar è abitualmente frequentato da soggetti con precedenti penali e di polizia di significativo allarme sociale»; sono state inoltre «evidenziate diverse risse all’interno dell’esercizio, successivamente sfociate in violente aggressioni all’esterno, con conseguente disturbo dell’ordine e della sicurezza pubblica».

Ancora, l’8 novembre 2024, alle ore 22.30 circa, i poliziotti hanno notato davanti all’ingresso del bar «due ragazzi intenti a consumare bevande alcoliche che, alla vista degli agenti di polizia, si sono allontanati velocemente. Raggiunti e identificati, hanno consegnato agli agenti due involucri contenenti hashish». Quella stessa sera, tra i clienti del locale «sono stati indentificati altri tre soggetti con precedenti penali per rissa, lesioni personali.

Sulla base di questi fatti, la Questura «ha ritenuto opportuno intervenire col provvedimento di sospensione dell’attività» (già scontata alcuni mesi fa) e i giudici lo hanno ritenuto legittimo. La difesa del bar, con il professor Michele Dionigi e gli avvocati Michele Di Cillo e Vittorio Di Salvatore, «ritiene che la motivazione sia di fatto e non abbia tenuto conto delle argomentazioni riversate in atti. Al momento - dicono i legali - sono in corso valutazioni sulla possibilità di impugnare il provvedimento nel merito».

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