«partenone»

La «rinascita» del clan Capriati. I giudici: Filippo comandava su Bari vecchia dal carcere

isabella maselli

La moglie in videochiamata teneva informato il marito, poi ne smistava le direttive. Il figlio Sabino era il reggente: «Sei il più grande e ora tocca a te parlare, dire agli affiliati cosa fare»

Il signor «F», come viene chiamato nelle intercettazioni il boss di Bari Vecchia Filippo Capriati, nipote dello storico capo clan Tonino, è stato almeno fino al 2023 il capo del gruppo di narcotrafficanti che dal cuore del borgo antico di Bari tramite moglie e figlio, o in persona in videochiamata dal carcere, avrebbe esteso i propri tentacoli a Putignano, Castellana Grotte, Noci, Alberobello, Acquaviva delle Fonti e Locorotondo. Nelle motivazioni della sentenza di primo grado «Partenone», depositate qualche giorno fa, con 53 condanne a pene comprese tra i 20 e i 4 anni di reclusione, per complessivi 478 anni di carcere, ci sono il boss 53enne (per lui 20 anni di reclusione), la moglie Angela Giammaria (8 anni) e il figlio Sabino di 34 anni (16 anni).

Nelle oltre 900 pagine della sentenza, i giudici dedicano un intero capitolo alla famiglia Capriati. Al figlio Sabino i giudici attribuiscono il ruolo di organizzatore, reggente del clan durante la lunga carcerazione del padre.

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