Il caso
Molfetta, il patto tra sindaco e imprenditori: «Se mi trovi i voti potrai gestire il porto»
Le accuse della Procura di Trani a Minervini (che rischia i domiciliari). I pm: accordi sugli appalti tramite pizzini, una talpa li informava delle indagini
BARI - Tommaso Minervini sapeva di essere sotto indagine, e non solo perché il suo nome era emerso nel 2022 tra nell’elenco dei destinatari di un decreto di sequestro relativo ai lavori dell’area mercatale. Ma il sindaco di Molfetta, per il quale la Procura di Trani ha chiesto l’arresto ai domiciliari insieme ad altre sette persone, avrebbe provato a depistare gli inquirenti. E soprattutto, secondo i pm Francesco Tosto e Francesco Aiello, avrebbe usato la promessa di aggiudicare incarichi e appalti come moneta di scambio per ottenere sostegno elettorale in occasione delle elezioni comunali del 2022.
Sarà il gip Marina Chiddo a stabilire, dopo gli interrogatori del 2 maggio, se il quadro probatorio contenuto in oltre 9mila pagine di atti giustifichi la misura cautelare: la Procura prospetta il rischio di reiterazione, essendo tutti gli indagati ancora in carica. Non solo Minervini, 70 anni, alla guida di una coalizione civica di centro-destra-sinistra, ma anche i dirigenti comunali Alessandro Binetti, 58 anni, Lidia De Leonardis, 58 anni, Domenico Satalino, 54 anni e il funzionario Mario Morea, 64 anni, tutti di Bari, l’autista (e cugino) del sindaco, Tommaso Messina, 66 anni di Molfetta, l’imprenditore portuale Vito Leonardo Totorizzo, 79 anni di Bari e un luogotenente della Finanza, Michele Pizzo, 60 anni, residente a Molfetta. Sono accusati, a vario titolo e secondo le rispettive responsabilità, di turbativa d’asta, corruzione, peculato e depistaggio, in un fascicolo che conta circa trenta indagati compresi (tra gli altri) il vicesindaco Antonio Ancona e la consigliera comunale Maria Pia Annese, oltre che alcuni altri esponenti politici locali e regionali.
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