Il caso

Gravina, lite per l'eredità: progettarono attentato ad imprenditore: tre condanne

I fatti nel Barese. «A sparare doveva essere una donna»

GRAVINA - Con lo zio, in passato, avrebbe avuto delle liti legate a questioni di eredità e vicinato. E per questo avrebbe deciso di punirlo ordinando - secondo l’accusa - ad un complice di sparare contro la sua auto. L’agguato però fallì, sia perché l’arma si inceppò sia perché, sulle tracce di chi avrebbe dovuto sparare, c'erano già i carabinieri, che intervennero con l’arresto in flagranza della donna che avrebbe dovuto sparare. Il piano, quindi, fallì definitivamente fine al piano.

Per questo la gup di Bari Antonella Cafagna ha condannato (in abbreviato) i tre che avrebbero architettato e cercato di mettere in atto il piano. Si tratta dell’imprenditore di Gravina in Puglia Paolo Iacoviello, condannato a tre anni e quattro mesi; del pluripregiudicato Nicola Mangione, condannato a due anni e otto mesi, e di Nunzia Acquaviva, condannata a quattro mesi per tentata minaccia. A loro erano contestati a vario titolo i reati di tentata minaccia, ricettazione e porto abusivo di arma clandestina, per tutti e tre è stata esclusa l'aggravante del metodo mafioso, contestata dalla Dda. Secondo quanto ricostruito, Iacoviello si sarebbe accordato con Mangione (ritenuto vicino prima al clan Capriati e poi ai Parisi di Bari) per intimidire lo zio, anche lui imprenditore, dietro una ricompensa da 6500 euro di cui 3000 consegnati come anticipo. Mangione e Acquaviva avrebbero quindi organizzato il piano attraverso diversi sopralluoghi, ma poi sul posto, nei primi giorni di dicembre del 2023, sarebbe andata solo Acquaviva, che infatti fu arrestata e già condannata a due anni in abbreviato per la detenzione della pistola.

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