Il caso

Bari, scacco agli usurai dei clan Strisciuglio, Diomede e Capriati: chiesto il processo per 30

Isabella Maselli

I fatti dal 2009 al 2018. Archiviata la posizione di altri 43 indagati

BARI - Trenta richieste di rinvio a giudizio e 43 di archiviazione: finisce così l’inchiesta della guardia di finanza, coordinata dalla Procura di Bari, su decine di episodi di usura ed estorsione aggravati dal metodo mafioso inizialmente contestati a 73 persone. Un’indagine che ha rivelato un racket durato anni, dal 2009 al 2018, e che avrebbe avuto per protagonisti nomi noti alla criminalità organizzata barese, esponenti di spicco dei clan Strisciuglio, Diomede e Capriati, con il coinvolgimento anche di insospettabili.

Per 56 persone i pm avevano chiesto l’arresto, rigettato dal giudice perché i fatti risalgono in alcuni casi a quindici anni fa. La Procura aveva fatto poi appello, ottenendo anche in questo caso il no alle misure cautelari perché le contestazioni sono troppo vecchie «pur non potendo negarsi - scrivevano i giudici - la sussistenza di una adeguata piattaforma indiziaria in ordine alla commissione di ciascuno dei delitti».

E infatti trenta di quelle 73 persone rischiano ora un processo. È stata invece stralciata e archiviata, perché hanno dimostrato la propria estraneità ai fatti contestati, la posizione di altri 43 indagati, tra i quali il pugile Francesco Lezzi, il boss del quartiere Libertà Vito Valentino e il noto imprenditore delle slot machine Baldassarre D’Ambrogio. Contestualmente sono cadute le accuse su 18 dei 52 episodi contestati.

L’inchiesta era partita nel 2016 dopo le dichiarazioni della presunta vittima, il titolare di una tabaccheria, cugino di un noto boss di Carrassi, che aveva deciso di diventare un collaboratore di giustizia, dopo essere stato a sua volta arrestato per usura ed estorsione. Il commerciante aveva raccontato...

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