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Bari, per il parco a Punta Perotti il Tar dà ragione al Comune: «Esproprio legittimo»

isabella maselli

Bocciato il ricorso dei proprietari dei suoli. Il contenzioso tra amministrazione comunale e una società proprietaria di alcuni terreni dove un tempo c'erano i palazzoni demoliti nel 2006.

Bari - Costasud incontra Punta Perotti e lo fa in un’aula di giustizia. Finisce davanti al Tribunale amministrativo, che dà ragione al Comune, il contenzioso tra amministrazione comunale e una società proprietaria di alcuni terreni nell’area verde dove un tempo sorgevano i palazzoni di Punta Perotti, demoliti nel 2006. Quei suoli, contesi per decenni, diventeranno presto parte del grande parco costiero finanziato con 75 milioni di euro del Pnrr.

La società Istvan di Buttiglione & C. sas ha però impugnato la delibera del Consiglio comunale del 25 marzo 2024 di approvazione del progetto di fattibilità tecnica ed economica del lotto 1 di Costasud, che prevedeva la variante urbanistica e l’apposizione del vincolo preordinato all’esproprio.

I suoli contesi La società è stata riconosciuta proprietaria dei terreni, circa 1.700 mq, da una sentenza del 2013 della Cassazione che ha accertato la nullità della permuta stipulata vent’anni prima con Sudfondi (una delle imprese che realizzarono i palazzi). Quei suoli, però, sono stati «occupati» dal Comune dopo l’abbattimento del complesso immobiliare con l’intenzione - stando a quanto lamentato da Istvan - di realizzarvi un parco pubblico, «senza una regolare procedura espropriativa e senza ad oggi disporne l’acquisizione». Secondo la ricostruzione della società, poi, il Comune avrebbe comunicato «l’avvio di un procedimento espropriativo dei suoli per la realizzazione dell’opera Costasud, mettendo in atto una modalità anomala di avvio di un procedimento espropriativo tardivo». Per questo la società ha chiesto prima all’amministrazione comunale di attivare il «procedimento di acquisizione sanante in relazione ai propri suoli»; in alternativa, ha chiesto «la messa in pristino e la restituzione dei terreni, con riserva di quantificare il risarcimento dovuto». Non avendo ottenuto risposta, ha impugnato gli atti al Tar. I giudici le danno torto.

Esproprio legittimo Per rispondere alle pretese della società, i giudici ripercorrono per tappe la vicenda di Punta Perotti, dalla confisca del 2001 che aveva determinato il trasferimento della proprietà dell’area al Comune, alla demolizione del 2006 e alla revoca della confisca nel 2010. In quel lasso temporale, evidenzia il Tar, «la società Istvan è stata inerte, atteso che non solo non si è premurata di coltivare tempestiva azione restitutoria nei riguardi della Sudfondi, ma non ha nemmeno esercitato gli strumenti di tutela della proprietà dei fondi».

Non solo, condividendo la tesi del Comune, i giudici hanno ricordato che «l’area di Punta Perotti è stata semplicemente oggetto di un intervento di sistemazione e manutenzione straordinaria, con la realizzazione di un manto erboso, di una pista ciclabile e di taluni, modesti arredi, e non è stato adottato alcun provvedimento di destinazione a parco pubblico». Interventi fatti, peraltro, subito dopo l’abbattimento (e prima della revoca della confisca) con l’obiettivo «di dover rendere fruibile alla cittadinanza l’area». Il Comune, cioè, «ha posto in essere un’attività meramente conservativa e, parallelamente, di custodia dei terreni non solo durante la vigenza della confisca dei suoli, ma anche in epoca successiva alla revoca della confisca (nel 2010), al fine di evitare che l’area divenisse oggetto di abbandono incontrollato di oggetti, e rifiuti, sì da diventare un luogo pericoloso per i cittadini»

Solo molti anni dopo quell’area è stata inserita nel più ampio progetto di valorizzazione della costa a sud del capoluogo. Secondo il Tar, dunque, il Comune a quel punto «esercitava legittimamente la propria potestà pianificatoria urbanistica e la propria attività amministrativa espropriativa relativa all’opera pubblica Costasud», bocciando quindi «la tesi secondo la quale l’amministrazione comunale barese avrebbe dato vita ad un anomalo procedimento espropriativo, finalizzato a sanare una illecita occupazione di aree».

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