L'inchiesta

Neonato morto a Bari, indagati il parroco don Antonio Ruccia e il tecnico della culla: «Omicidio colposo». Si indaga anche per abbandono di minore

Isabella Maselli

Notificati gli avvisi di garanzia in previsione dell'autopsia prevista domani 8 gennaio

BARI -   Le prime presunte responsabilità per la morte del neonato trovato senza vita la mattina del 2 gennaio nella culletta termica della chiesa di San Giovanni Battista nel quartiere Poggiofranco di Bari sono ipotizzate a carico del parroco e del tecnico che per ultimo si è occupato della manutenzione del dispositivo.
Come previsto, la Procura ha notificato i primi avvisi di garanzia. Un atto dovuto che pone ora don Antonio Ruccia e il tecnico che due settimane prima del ritrovamento del bambino era intervenuto, dopo la segnalazione di un malfunzionamento della culla, di fronte alle proprie possibili negligenze. Il reato che i magistrati ipotizzano nei loro confronti è concorso in omicidio colposo. Un’accusa che si aggiunge a quella, tuttora a carico di ignoti - essendo la mamma sconosciuta - di abbandono di minore seguito da morte.

Il sacerdote - ritiene la Procura - avrebbe avuto il compito di vigilare sulla culletta. Il dispositivo è stato installato dieci anni fa nell’ambito di un progetto che ha ormai dimensioni nazionali e si chiama «culle per la vita», moderna erede della vecchia «ruota degli esposti».
L’incubatrice, l’unica a Bari e la terza in Puglia, è posizionata in una saletta adiacente alla chiesa, un luogo facilmente raggiungibile, che garantisce l’anonimato della mamma e dotato di una serie di dispositivi - riscaldamento, chiusura in sicurezza della botola, presidio di controllo h24 e rete con il servizio di soccorso medico - che dovrebbero permettere un facile utilizzo e un pronto intervento per la salvaguardia del bambino.

Qualcosa la mattina del 2 gennaio non ha funzionato. Poiché l’allarme della culletta è collegato al telefono del parroco della chiesa di San Giovanni Battista, il quale evidentemente ha la «responsabilità» di assicurarsi che tutto sia funzionante, il fatto che nessun alert - stando a quanto dichiarato dallo stesso sacerdote - sia arrivato sul suo cellulare, lascia ipotizzare che il dispositivo fosse spento o forse guasto e che chi avrebbe dovuto accorgersene non lo abbia fatto.
È pur vero, però, che intorno a metà dicembre il sacerdote aveva richiesto assistenza proprio a causa di un malfunzionamento. È accaduto più o meno negli stessi giorni in cui in quella zona del quartiere Poggiofranco c’è stato un blackout. Il tecnico - ora indagato in concorso con don Antonio Ruccia - era intervenuto per risolvere il guasto e ha poi spiegato agli investigatori, che lo hanno inizialmente sentito come persona informata sui fatti, di aver ripristinato il sistema. Stando alle sue parole e a quelle del parroco, cioè, la culletta prima di quella mattina aveva ripreso a funzionare regolarmente.

Ai due indagati, il parroco e il tecnico, il procuratore aggiunto Ciro Angelillis e la sostituta Angela Maria Morea hanno fatto notificare nelle scorse ora l’atto - con contestuale avviso di garanzia - per il conferimento dell’incarico per l’autopsia che sarà eseguita oggi. La Procura nominerà il medico legale Biagio Solarino e molto probabilmente anche un neonatologo. L’autopsia dovrà accertare l’esatta età del bambino (stimata in non meno di due settimane), momento del decesso e cause: sarà importante capire se, quando è stato lasciato nella culletta, fosse già morto (anche se diversi elementi messi insieme dagli inquirenti inducono ad escluderlo) e, in caso contrario, se sia stato il freddo ad ucciderlo o una patologia.

«Provo una infinita tenerezza quando penso a quel bimbo, senza nome, sconosciuto. Ho così pensato che potevo dargli almeno una sepoltura dignitosa a cui provvederò a mie spese». A parlare è Roberto Savarese, il titolare della agenzia funebre che la mattina del 2 gennaio ha trovato il neonato morto nella culla di San Giovanni Battista. «Ancora ripenso a quel giorno, al piccolo, alle chiamate al 118 e poi all’arrivo della polizia: mi è crollato il mondo addosso», dice.

Da più di trent’anni lavora nel settore funebre «ma per fortuna, i bambini capitano di rado. Quel neonato però mi ha colpito, mi ha colpito la sua solitudine, il suo non avere un nome. Mi è dispiaciuto tanto, per questo voglio provvedere al suo funerale e alla sua sepoltura». Savarese ha già comprato «tutto ciò che serve - spiega - attendo che venga fatta l’autopsia e che la magistratura dia il nullaosta per il rilascio della salma. Spero ci sia una chiesa per una benedizione del feretro e poi, procederò con il resto».

Privacy Policy Cookie Policy