Il caso
Bari, c'è un nuovo fascicolo su Olivieri: «Una talpa lo ha informato 5 giorni prima dell'arresto»
La Procura chiude le indagini sull'ex avvocato arrestato a febbraio. Chiesta l'archiviazione per un maresciallo della Finanza, ma il gip non la accoglie
BARI - Giacomo Olivieri aveva ottimi contatti nelle forze dell’ordine, dai quali alcune volte ha ottenuto soffiate su indagini in corso. Una di queste fonti è stata individuata, ed è costata all’ex consigliere regionale - in custodia cautelare nel carcere di Lanciano dal 26 febbraio, per voto di scambio politico mafioso - una nuova accusa: quella di concorso in rivelazione di segreto di ufficio. Ma sulla posizione della talpa, il maresciallo della Finanza di Bari che avrebbe raccontato a Olivieri i contenuti di un’indagine della Dda, servirà un ulteriore passaggio: il gip Giuseppe Montemurro non ha accolto la richiesta di archiviazione avanzata dalla Procura di Bari, fissando una camera di consiglio per il 16 gennaio.
La vicenda è uno dei corollari di Codice Interno, l’inchiesta sui rapporti tra mafia e politica che ha portato tra l’altro al commissariamento dell’azienda comunale Amtab e alla nomina di una commissione di accesso per verificare l’eventuale infiltrazione dei clan nell’amministrazione barese. Ed è stata confermata dallo stesso Olivieri nell’interrogatorio del 6 maggio davanti al procuratore Roberto Rossi e ai pm della Dda. A giugno 2019 una fonte ha contattato Olivieri per dargli la notizia di imminenti perquisizioni relative all’indagine sulla partita truccata Picerno-Bitonto di serie D, notizia che l’allora avvocato avrebbe dovuto passare al sito Quotidiano Italiano di cui era proprietario occulto.
Dopo l’interrogatorio di maggio, la Dda ha fatto riesaminare i contenuti del cellulare sequestrato a Olivieri il giorno dell’arresto. E ha trovato all’interno i messaggi scambiati con il maresciallo Antonio Cretì, militare in servizio al Gruppo Bari della Finanza che ha spesso lavorato con la Dda. Tra i due esisteva una consuetudine. A marzo 2018, ad esempio, Olivieri invitava Cretì a fornire «notizie di sequestri o di brillanti operazioni» al direttore del sito «Quotidiano Italiano», e a settembre 2018 lo invitava a recarsi a votare per le primarie del centrodestra sostenendo il «suo» candidato Pasquale Di Rella.
Il fulcro della vicenda si sviluppa però a partire dal 18 giugno 2019. Cretì scrive a Olivieri: «Quell’amico giornalista ce l’abbiamo ancora? Mandami il numero che ho una cosa esclusiva per lui se gli interessa... digli solo che ti chiama un amico... non dire che sono io». Di lì a due giorni, anticipa Cretì, ci sarebbero state le perquisizioni disposte dalla Dda per una partita truccata di calcio dilettantistico.
Olivieri non è uomo da tenersi un cece. E infatti, dicono le indagini, il giorno stesso viene intercettato mentre riferisce alla moglie Maria Carmen Lorusso di avere avuto notizie da «quello della Guardia di Finanza» in merito a un «blitz». L’allora direttore del sito, Antonio Loconte, ex giornalista professionista (non è indagato in questo procedimento) all’epoca dei fatti era sottoposto a sospensione disciplinare, ma «nonostante il provvedimento di sospensione - scrive la Squadra Mobile nell’informativa - le attività tecniche hanno riscontrato» che l’ex giornalista era «pienamente attivo nel suo lavoro e privo di qualsiasi autonomia nella sua professione».
La posizione del giornalista interessa fino a un certo punto. E infatti l’attenzione della Procura è per la capacità di Olivieri di procurarsi notizie riservate dagli ambienti giudiziari, cosa che - nel corso delle indagini - sarebbe avvenuta diverse volte. In effetti il 20 giugno 2019 la Finanza ha eseguito perquisizioni e sequestri su delega della Dda di Bari per la presunta combine nella partita Picerno-Bitonto, come aveva detto Cretì. Ma anche questo tutto sommato interessa fino a un certo punto. Il sospetto è che ci fosse altro. Olivieri e Cretì - dicono gli atti di indagine - si sono incontrati il 21 febbraio 2024, cioè 5 giorni prima degli arresti di Codice Interno, all’interno del negozio Apple di corso Vittorio Emanuele a Bari. «Nei giorni precedenti - scrive la Mobile nell’informativa - Olivieri era venuto a sapere da terzi di una importante indagine a suo carico e sempre in quei giorni il figlio Andrea lo aveva messo in guardia da un avvenuto tentativo di intrusione nel suo telefono cellulare di un virus trojan». I «terzi», con cui Olivieri si è incontrato il 20 febbraio (cioè il giorno prima dell’appuntamento con il militare) non sono stati individuati.
Questa storia è costata a Olivieri la notifica di un nuovo avviso di conclusione delle indagini, atto che solitamente prelude alla richiesta di rinvio a giudizio. Per il 50enne finanziere nato a Mesagne (difeso dall’avvocato Emiliano D’Alessandro di Bari), dopo una perquisizione che a maggio non ha fatto saltar fuori nulla di rilevante, il procuratore Rossi ha invece chiesto l’archiviazione invocando la particolare tenuità del fatto. «Gli elementi costituivi del reato ipotizzato - scrive la Procura - sono tutti ravvisabili nella condotta posta in essere dall’indagato», tuttavia la rivelazione «è avvenuta con modalità tali da non arrecare pregiudizio al buon esito delle indagini in quanto posta in essere poche ore prima del compimento delle attività delegate ed in favore di persona del tutto estranea alle indagini poiché unicamente finalizzata a favorire la pronta diffusione mediatica dei fatti». Cretì, insomma, sarebbe stato alla ricerca di pubblicità per quella operazione e non avrebbe avuto «ulteriori contatti con giornalisti». Un peccato veniale.
La motivazione della Procura non ha però convinto il gip Montemurro: se ne discuterà in camera di consiglio il 16 gennaio. «Le indagini - dice l’avvocato D’Alessandro, che sta preparando una memoria - hanno chiarito che a Cretì non sono addebitabili ulteriori condotte di rivelazione di segreto, e comunque la notizia di cui si parla fu pubblicata da molti altri siti prima ancora che uscisse su quello di Olivieri». Nel suo interrogatorio, l’ex consigliere regionale (difeso dagli avvocati Gaetano e Luca Castellaneta) ha raccontato di aver assistito il maresciallo Cretì in una pratica di divorzio, e di avere avviato da allora un rapporto più amichevole. Ma non sapeva di quale «blitz» il militare gli volesse parlare, e si è limitato a fare da tramite. Il giallo, quello vero, resta senza soluzione.