sicurezza

«Bari non è omertosa, ma bisogna denunciare sempre»: l'intervista al questore Gambino

isabella maselli

«Attenzione continua sui reati di genere». 67 ammonimenti da «Codice Rosso», 1986 manifestazioni sorvegliate, 227 servizi ad «alto impatto»

BARI - Delittuosità in calo, grande attenzione sui reati di genere e sui giovani, impegno nei progetti di «prevenzione sociale». È un bilancio a tutto tondo, tra numeri e riflessioni, quello del questore di Bari Massimo Gambino.

Signor questore, partiamo dall’analisi dei dati. Cosa ci dicono sulla sicurezza nel territorio metropolitano?

«Il 2024 ha portato ottimi risultati dal punto di vista della prevenzione. I dati - che, preciso, non sono certificati, ma estrapolati da controlli e attività - parlano di una diminuzione dei reati in via generale. L’indice totale della delittuosità dal 1 gennaio al 30 novembre è diminuito del 10% a Bari, nell’area metropolitana del 7%, quindi in media abbiamo un calo dell’8%. Quello su cui dobbiamo stare molto attenti sono i reati di genere, su cui c’è un’attenzione continua. I braccialetti elettronici sono un dispositivo efficiente, ma esistono dei problemi nell’applicazione. Si sta lavorando molto a livello centrale in questo senso, ma bisogna anche fare attenzione ai falsi allarmi».

Anche sui reati di genere la prevenzione è fondamentale.

«Se funziona probabilmente si riescono ad evitare alcune situazioni. Per esempio sui reati di genere siamo arrivati a 67 ammonimenti e 20 proposte di applicazione sorveglianza speciale, in buona parte per codice rosso. Inoltre per metà degli ammonimenti i maltrattanti hanno aderito a programmi di recupero. Anche il protocollo d’intesa sottoscritto lunedì in Prefettura con Asl, associazioni e Procure, è importante perché su certi temi è fondamentale fare rete».

Sempre più spesso i protagonisti di fatti criminali sono giovanissimi. Che segnale è?

«Bisogna fare un distinguo tra quelli che sono i reati di criminalità predatoria da quelli di criminalità organizzata. Ci sono determinati reati che vedono coinvolti minori o quasi maggiorenni o maggiorenni da poco che sono un po’ l’effetto anche di situazioni legate al post Covid. Alcune cose avvengono anche da parte di ragazzi che provengono da famiglie “normali” e non sono figli di soggetti legati alla criminalità organizzata. Nei contesti mafiosi, invece, c’è il cambio generazionale e questo avviene laddove ci sia stata un’attività di contrasto molto efficace. A prendere il posto dei capi e vice capi arrestati spesso sono figli e nipoti anche molto giovani, spesso più spregiudicati perché agiscono di pancia e non di testa. Certo non è detto che il figlio di una famiglia criminale debba diventare per forza un criminale, altrimenti avremmo già perso, ma bisogna tener conto di tre direttrici: intervenire sull’ambito familiare, con la scuola in una fase successiva e poi noi in quelle che sono le attività di prevenzione sociale. In una famiglia adusa a delinquere il figlio o la figlia che riesca ad affrancarsi è una rarità, però può accadere e su questo bisogna lavorare, ma non possiamo farlo da soli, la società civile deve intervenire nel suo insieme».

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