La storia
Bari, Sanitaservice e la soccorritrice del 118 non idonea al lavoro: «La paghiamo per rimanere a casa» - La replica
L'incredibile decisione su una dipendente che non può più salire sulle ambulanze: sospesa ma conserva la retribuzione
BARI - Il medico del lavoro certifica l’inidoneità al servizio di una lavoratrice, soccorritrice in servizio sulle ambulanze di Bari. E la Sanitaservice, la società in-house della Asl che dallo scorso anno gestisce il 118, inventa un nuovo istituto del diritto del lavoro: la sospensione retribuita della soccorritrice dal servizio. Cioè l’autorizzazione a prendere lo stipendio a tempo inteterminato senza lavorare.
La Sanitaservice è senza amministratore unico dopo che il direttore generale facente funzioni della Asl, Luigi Fruscio, ha sospeso Fabrizio D’Addario per effetto della condanna a tre anni per peculato. La società dovrebbe dunque essere gestita, come dice il codice civile, dal revisore unico, in attesa che la stessa Asl decida se e come sostituire D’Addario.
Nel frattempo la Sanitaservice ha evidentemente deciso di innovare anche i contenuti dei contratti di lavoro, dove non esiste la sospensione retribuita (che peraltro nel settore pubblico sarebbe pure danno erariale). In base al codice civile in uso nel resto d’Italia, oltretutto, l’inidoneità sopravvenuta alla mansione determina l’impossibilità a rendere la prestazione lavorativa. Ne consegue pacificamente il venir meno del diritto alla retribuzione e - se non c’è la possibilità di ricollocare il lavoratore in altre mansioni - il licenziamento per giustificato motivo oggettivo.
Nell’intepretazione della Sanitaservice della Asl Bari, in base alla nota con oggetto «sospensione retribuita» firmata dal «referente generale» Fiorilli Rocco, funziona in modo diverso: la lavoratrice è stata «sospesa con effetto immediato dallo svolgimento di qualunque attività lavorativa fino alla individuazione di una mansione lavorativa compatibile con il suo stato, onde rendere possibile la sua eventuale ricollocazione nel contesto aziendale». Fino a quel momento, che potrebbe anche non arrivare mai, la dipendente resta a casa ricevendo lo stipendio. Ovvero soldi pubblici che dovrebbero essere utilizzati per curare la gente, gestiti da persone che sanno quello che fanno.
La replica del professor Antonio Costa, revisore unico della società.
«La dipendente in questione, a seguito di infortunio patito durante l’orario di servizio ed a seguito degli opportuni accertamenti medici, è stata giudicata inidonea alla mansione attribuitale al momento della sottoscrizione del contratto di lavoro. In tali casi, ai sensi dell’art. 42 del d.lgs. n. 81/08, il datore di lavoro “attua le misure indicate dal medico competente e qualora le stesse prevedano un'inidoneità alla mansione specifica adibisce il lavoratore, ove possibile, ad altra mansione compatibile con il suo stato di salute”. Conosciute le predette “misure”, Sanitaservice a tutela della integrità fisica della dipendente, la ha sospesa dal lavoro ed ha avviato la verifica interna volta a verificare la compatibilità della lavoratrice con le mansioni per le quali la stessa è stata ritenuta idonea.
Nelle more, tuttavia, non è stata disposta la sospensione dalla retribuzione, in quanto questa risulta essere legittima solo nell’ipotesi di “ingiustificato rifiuto” del lavoratore di fornire la propria prestazione, come stabilito dalla Cassazione Civile con sentenza n. 4677/06, in vicenda analoga. Pertanto, solo ove dovesse esservi un ingiustificato rifiuto di accettare la proposta aziendale di sua ricollocazione, e non prima, sarebbe legittima anche la sospensione dallo stipendio della lavoratrice. Si osserva, peraltro, che, seguendo il ragionamento del quotidiano, al datore di lavoro, nel caso di accertata inidoneità del dipendente, sarebbe possibile sospendere dal lavoro e dalla retribuzione il proprio dipendente - sine die - in attesa della verifica della possibile ricollocazione in azienda del dipendente, così anticipando, nei fatti, gli effetti del licenziamento. Soluzione dall’evidente sapore illogico oltre che profondamente ingiusto. Si specifica ancora che, a garanzia della lavoratrice e degli stessi interessi aziendali, Sanitaservice ha avviato una verifica interna della possibilità di ricollocazione della dipendente, che ha richiesto il tempo strettamente necessario, comunque ridotto a pochi giorni».
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Ringrazio il professor Costa per aver confermato quanto ho scritto: Sanitaservice sta volontariamente pagando un dipendente sospeso dal lavoro. La giurisprudenza dice esattamente il contrario di quanto sostiene la nota: «In linea generale - è la massima di Cassazione 4677/06 - il diritto alla retribuzione sorge soltanto in caso di effettivo svolgimento della prestazione lavorativa, stante la natura sinallagmatica del contratto di lavoro». Nulla c’entra l’«ingiustificato rifiuto» del lavoratore di fornire la prestazione: è infatti stata l’impresa a rifiutare «per giustificato motivo» la prestazione del lavoratore, ed è questo a giustificarne la sospensione. Spiace infine che il professore non abbia capito il «ragionamento del quotidiano», dunque provo a banalizzare: chi lavora va pagato, chi non lavora no. Soprattutto con i fondi pubblici.