la decisione

Bari, la Procura acquisisce i tabulati telefonici di un giornalista e li dà a chi lo ha denunciato. Assostampa e Ordine: «Violazione inaccettabile»

Dopo l'archiviazione dell'indagine (disposta dal gip) in cui il pm ha cercato di scoprire le fonti (lecite) del cronista: «Atto lesivo del diritto di cronaca e del diritto alla segretezza delle fonti riconosciuto ai giornalisti. Ignorate le sentenze della Corte europea»

BARI - Non c’è stata alcuna fuga di notizie alla base dell’articolo con cui il 5 agosto 2022 la «Gazzetta» raccontò dell’esistenza di una indagine (anche a Bari) nei confronti dell’ex magistrato Michele Nardi e del commercialista barese Massimiliano Soave. E comunque quell’articolo è un esercizio «lecito e legittimo» del diritto di cronaca giudiziaria. Lo ha stabilito il gip di Bari, Nicola Bonante, che ha respinto l’opposizione presentata dall’ex magistrato (condannato a 16 anni e 9 mesi in primo grado per associazione a delinquere finalizzata alla concussione e alla corruzione in atti giudiziari, e a un anno un mese e 10 giorni per calunnia) e da Soave (imputato per tentato traffico di influenze a seguito dell’indagine di cui parlava l’articolo) rispetto alla richiesta di archiviazione avanzata dal pm nei confronti del giornalista Massimiliano Scagliarini.

Il gip, valorizzando anche le conclusioni della difesa del giornalista (avvocato Roberto Eustachio Sisto) ha dichiarato inammissibili le opposizioni alla richiesta di archiviazione. Ed ha riconosciuto che l’articolo era più che corretto. «Anche lo scrivente - è detto in ordinanza - non rinviene alcun elemento che possa essere sussumibile nel reato di diffamazione, ragionevolmente non apparendo lo scritto altro se non il mero esercizio, lecito e legittimo, del diritto di cronaca giudiziaria, rispettando tutti i canoni tipici all’uopo specificati, a più riprese, dalla giurisprudenza unanime esistente in materia, compreso quello della continenza, l’articolo a firma dello Scagliarini evidentemente rappresentando gli eventi attinenti a talune vicende giudiziarie aventi ad oggetto gli odierni opponenti pacificamente di interesse pubblico, senza alcun tipo di allusioni, altresì parlando sempre al condizionale ed infine dando spazio alle prospettazioni e considerazioni di tutte le parti».

Nardi, pregiudicato per calunnia, si era in particolare lamentato del fatto che l’articolo si basasse da una fuga di notizie, circostanza inverosimile dal momento che gli indagati avevano ricevuto un avviso di proroga delle indagini e dunque era nota (e conoscibile) l’esistenza del fascicolo a loro carico. Il gip ha riconosciuto anche questo. «Non si rinviene, nella rappresentazione dei fatti (…) l’integrazione di alcun’altra ipotesi di reato e, in special modo, nessun elemento volto a sostenere un’accusa nei confronti di taluno per la violazione dell’art. 326 cp». Eppure a fronte di un’ipotesi di reato «insostenibile» e formulata contro ignoti, la pm aveva non solo disposto l’acquisizione dei tabulati telefonici del giornalista (pacificamente vietata dalla giurisprudenza europea), compresi quelli della scheda sim installata nell’antifurto dell’auto, ma li aveva anche consegnati a uno dei querelanti che ha così potuto avere accesso a tutti i contatti del giornalista. In barba, per tacere d’altro, del diritto costituzionale alla riservatezza delle fonti.

E infatti ieri Ordine dei giornalisti e Assostampa di Puglia sono intervenute per stigmatizzare il caso: «Il provvedimento di archiviazione non cancella l’aspetto più inquietante della vicenda: l’acquisizione, nel corso delle indagini, dei tabulati telefonici delle utenze intestate al collega Scagliarini, consegnati anche ad uno degli imputati, per risalire alla fonte della notizia. Si è trattato di un atto inaccettabile, lesivo del diritto di cronaca e del diritto alla segretezza delle fonti riconosciuto ai giornalisti. Una pratica cui si ricorre sempre più spesso in più parti d’Italia, facendo carta straccia delle sentenze della Corte europea dei diritti dell’Uomo, che ne ha più volte dichiarato l’inammissibilità». L'auspicio, concludono Ordine e Assostampa, «è che tali eccessi possano essere presto adeguatamente sanzionati nelle sedi competenti perché in un Paese democratico a nessuno, neanche a chi indossa la toga, può essere consentito di indebolire il diritto dei giornalisti di informare e il diritto dei cittadini ad essere informati».

Privacy Policy Cookie Policy