Il caso

Gravina, l’omicidio di Arcangela. Il marito prova a respingere le accuse: «Volevo solo salvarla»

Isabella Maselli

Lacarpia, 65 anni, è in carcere da lunedì. A suo carico indizi schiaccianti ma lui negherà l'omicidio: «L’ho soffocata nel tentativo di rianimarla»

GRAVINA DI PUGLIA - Voleva salvarla, non ucciderla. Questo potrebbe spiegare al giudice il 65enne Giuseppe Lacarpia, l’allevatore pregiudicato di Gravina in carcere da due giorni per l’omicidio premeditato della moglie, la 60enne Maria Arcangela Turturo. Stamattina è fissata l’udienza di convalida del fermo, eseguito dalla squadra mobile e disposto dalla Procura di Bari sulla base di elementi che sembrano lasciare poco spazio a dubbi, mentre l'interrogatorio si terrà con ogni probabilità domani perché Lacarpia è ancora in osservazione al Policlinico dopo essere caduto dal letto a castello della cella nella notte tra lunedì e martedì. L’uomo - è la ricostruzione accusatoria - avrebbe pianificato da tempo l’assassinio della moglie e la sera del 6 ottobre, di ritorno da una festa di famiglia in una sala ricevimenti della città, avrebbe imboccato una strada periferica e dato fuoco all’auto con all’interno la donna. Lei, con il corpo ferito dalle ustioni, sarebbe riuscita ad uscire dal veicolo ma lui l’avrebbe bloccata, immobilizzata sull’asfalto, tentando di soffocarla, poi avrebbe fatto pressione con le ginocchia sull’addome fino a fracassarle lo sterno. Una dinamica che per 15 secondi è stata anche immortalata dalla videocamera del cellulare di una 20enne, testimone oculare del delitto con il fidanzato e un amico.

A questo si aggiungono le ultime parole pronunciate dalla donna, prima di morire in ospedale, al poliziotto intervenuto sul luogo di quello che inizialmente sembrava un incidente stradale e poi alla figlia, «mi voleva uccidere... mi ha messo le mani alla gola» avrebbe detto Maria Turturo ormai in fin di vita. Ci sono anche i graffi sul volto dell’uomo, segno - secondo la Procura - che la vittima abbia tentato di difendersi. E poi i racconti della stessa figlia, gli anni di maltrattamenti e violenze da parte del padre, oltre all’esito dell’autopsia eseguita ieri mattina nell’istituto di medicina legale del Policlinico di Bari dal dottor Antonio De Donno. Non solo: i vigili del fuoco che hanno spento le fiamme che avvolgevano l’auto e che dovranno depositate nelle prossime settimane l’esito dei loro approfondimenti tecnici, hanno già ipotizzato da una prima analisi che l’incendio della macchina sia stato doloso, con lo spargimento di una sostanza liquida infiammabile sotto la vettura in corrispondenza del vano motore.

Eppure il 65enne tenterà di raccontare una storia diversa. Potrebbe dire, come ha già fatto ai poliziotti nell’immediatezza, che quella sera aveva perso il controllo dell’auto andandosi a schiantare su un muro (l’urto è stato effettivamente accertato). Che l’auto poi ha preso fuoco da sola e lui, uscito illeso, ha estratto la moglie ferita e ha cercato di rianimarla, di salvarle la vita.
Una versione che non convince gli inquirenti - le indagini sono coordinate dall’aggiunto Ciro Angelillis e dalla sostituta Ileana Ramundo - e che oggi, nel carcere di Bari, sarà sottoposta alla gip Valeria Isabella Valenzi, chiamata a convalidare il fermo e disporre una eventuale misura cautelare. Mentre l'interrogatorio è stato rinviato per impedimento dell'indagato, l'udienza di convalida si terrà ugualmente.

E mentre la Procura chiude il cerchio su quello che è accaduto la notte tra sabato e domenica, mettendo in ordine i tasselli per cristallizzare prove e accuse, l’inchiesta non tralascia il passato, la storia di questa famiglia. Una storia fatta di anni di abusi. Spulciando, infatti, gli archivi giudiziari, sotto il nome di Lacarpia emergono, almeno fino al 2012, almeno quattro procedimenti penali per maltrattamenti sulla moglie che i pm stanno tentando di ricostruire. Un passato che descrive un contesto di dolore e violenza e che potrebbe dare forza alla tesi della premeditazione.

Il Gip si riserva sulla convalida di fermo. Lacarpia in ospedale 

Si è tenuta nel carcere a Bari l'udienza di convalida del fermo di Giuseppe Lacarpia, il 65enne di Gravina in Puglia (Bari) in cella da lunedì con l’accusa di aver ucciso la moglie di 60 anni, Maria Arcangela Turturo. L'udienza davanti alla gip Valeria Isabella Valenzi si è svolta solo in tarda mattinata e per Lacarpia - attualmente ricoverato al Policlinico di Bari per le conseguenze di una caduta dal letto della sua cella, il suo interrogatorio è stato per questo rinviato - non era presente né un avvocato d’ufficio né un legale di fiducia, così come non era presente la pm titolare del fascicolo.
Alla breve udienza ha dunque assistito un altro avvocato, Dario Coluccia, in quel momento in carcere per le udienze di convalida dell’arresto di altri suoi clienti. La gip si è riservata sulla decisione.

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