cronaca
Bari, altro delitto in un casolare dismesso: l’assassino già condannato a 14 anni
Il precedente a Carbonara: un 46enne di nazionalità romena fu ucciso a coltellate da un connazionale il 12 maggio 2021
BARI - Il delitto di Ceglie del Campo - vittima un cittadino straniero, l’abitudine di intrattenersi tra connazionale per cene e svago in strutture abbandonate alla periferia della città, poi trasformate in scene del crimine - riporta alla mente un altro omicidio commesso in quello stesso territorio e in un contesto molto simile.
Era il 12 maggio 2021, esattamente tre anni fa. Teatro della tragedia un casolare abbandonato a Carbonara. Ad essere ucciso, quella sera, fu un 46enne di nazionalità romena, Mihalcea Vasile. Aveva ferite da arma da taglio e da un corpo contundente alla testa e al torace. Le indagini dei carabinieri, coordinati dal pm Giuseppe Dentamaro, consentirono in poche ore di ricostruire la dinamica del delitto e di identificare l’autore, il pregiudicato 44enne Bosuioc Gheorhe (condannato in via definitiva a 14 anni di reclusione), grazie agli elementi raccolti sul luogo dell’omicidio e alle dichiarazioni della compagna della vittima, testimone oculare dell’aggressione (il cui racconto è stato poi cristallizzato in un incidente probatorio). I due, ha raccontato poi la moglie, abitavano da qualche tempo nella struttura abbandonata. L’omicidio fu l’epilogo di un violento litigio al termine di una serata conviviale nel casolare, alla quale erano presenti due coppie: la vittima, l’assassino e le rispettive compagne La donna (la moglie del 46enne ucciso) disse di aver visto l’aggressore e di aver assistito al delitto.
L’assassino - fuggito subito dopo l’aggressione mortale - inizialmente fece perdere le proprie tracce fino a quando, 24 ore dopo, fu rintracciato dalla Polizia nella stazione ferroviaria di via Cifarelli. Una volante intervenne nella stazione dove una telefonata al 113 aveva segnalato la presenza di alcuni cittadini stranieri che, saliti a bordo di un treno, in evidente stato di ubriachezza, importunavano gli altri utenti. Lì fu ammanettato il 44enne.
Un mese dopo, davanti al giudice, la donna - testimone oculare del delitto - ritrattò in parte quello che aveva detto «spiegando di non aver assistito ad alcun alterco violento» tra i due. Busuioc, difeso dall’avvocato Luigi Langmann, era «andato via dal casolare a tarda sera dopo aver trascorso una serata tranquilla» aveva raccontato la testimone, aggiungendo che «mentre lei e la vittima ormai dormivano, nel casolare si sarebbero introdotti due individui di sesso maschile, che li avrebbero colpiti con un bastone». Dichiarazioni - poi smentite dai fatti - che portarono alla scarcerazione del 44enne. La libertà però durò meno di sei mesi: a novembre dello stesso anno tornò in cella e da allora è detenuto.
Ad incastrarlo, oltre alle immediate dichiarazioni accusatorie della moglie della vittima, furono soprattutto i successivi approfondimenti investigativi, grazie all’analisi scientifica dei reperti sequestrati sulla scena del crimine e, in particolare, sugli indumenti e sulle scarpe indossate dal 44enne nel corso della cena, sui quali furono trovate tracce di sangue della vittima. Busuioc fu quindi rintracciato in un casolare nelle campagne di Toritto e portato in carcere. In primo grado, con rito abbreviato, è stato condannato a 15 anni di reclusione. Nei mesi scorsi, nel processo d’appello, i giudici hanno escluso l’aggravante della recidiva e hanno ridotto la pena a 14 anni, divenuta ora irrevocabile.